Alberto Mario Banti
Auteur de Il Risorgimento italiano
A propos de l'auteur
Œuvres de Alberto Mario Banti
La nazione del Risorgimento: parentela, santita e onore alle origini dell'Italia unita (2000) 16 exemplaires
Nel nome dell'Italia: il Risorgimento nelle testimonianze, nei documenti e nelle immagini (2010) 5 exemplaires
Atlante culturale del Risorgimento: lessico del linguaggio politico dal Settecento all'Unita (2011) 4 exemplaires
Il senso del tempo. Manuale di storia. Con materiali per il docente. Per le Scuole superiori. Con espansione online: 3 (2012) 2 exemplaires
The Nation of the Risorgimento: Kinship, Sanctity, and Honour in the Origins of Unified Italy (Routledge Studies in the… (2020) 2 exemplaires
Dietro una riforma: Giovanni Attilio Arnolfini e i nuovi Ordini sopra l'arte della seta (1767-1770) 1 exemplaire
La finestra dei Rouet 1 exemplaire
Il senso del tempo. Manuale di storia. Con materiali per il docente. Per le Scuole superiori. Con espansione online: 1 (2012) 1 exemplaire
Il senso del tempo. Manuale di storia. Con materiali per il docente. Per le Scuole superiori. Con espansione online: 2 (2012) 1 exemplaire
Linee della storia - vol. 3 1 exemplaire
Linee della storia - vol. 2 1 exemplaire
Linee della storia 1 exemplaire
Tempi e culture 1 exemplaire
Oeuvres associées
Storia d'Italia. Annali. Vol. 18. Guerra e pace. (2002) — Contributeur, quelques éditions — 6 exemplaires
Étiqueté
Partage des connaissances
- Nom canonique
- Banti, Alberto Mario
- Date de naissance
- 1957
- Sexe
- male
- Nationalité
- Italy
- Lieux de résidence
- Pisa, Italy
- Professions
- professor
- Organisations
- Pisa University, Italy
Membres
Critiques
Prix et récompenses
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Statistiques
- Œuvres
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- Popularité
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- Évaluation
- 3.8
- Critiques
- 3
- ISBN
- 38
- Langues
- 1
- Favoris
- 1
La nascita è fatta risalire ad una esplicita proposta estetica e letteraria (Berchet) che riesce a convincere e coinvolgere, fin dagli anni '20 dell'Ottocento, praticamente tutti gli intellettuali italiani dell'epoca. La proposta evidenziava tre "figure profonde" su cui basare il concetto di nazione:
la nazione come la famiglia (ius sanguinis: è cittadino un figlio di cittadino),
la nazione come comunità sacrificale (martiri ed eroi che danno la vita per la nazione, come Cristo per la salvezza dell'umanità),
la nazione come comunità sessuata, funzionalmente distinta in due generi diversi per ruoli, profili e rapporto gerarchico.
Questa concezione si diffuse rapidamente e capillarmente, con un eccezionale potere comunicativo (la narrazione è un formidabile strumento di coinvolgimento e convincimento) in particolare nei centri urbani, per mezzo dei media del tempo: la letteratura ed i numerosissimi giornali ma soprattutto il melodramma ed il teatro (diffuso molto più di quanto non si pensi: tra il 1816 e il 1868 in Italia furono aperti 619 teatri nuovi, accessibili anche ai meno abbienti). C'erano anche, allora, parecchi predicatori itineranti, oltre che cantanti girovaghi e burattinai. A ciò va aggiunto che, soprattutto nel periodo 1846-1848, anche il clero e le parrocchie fecero la loro parte.
La cosa non si fermò con l'unificazione nazionale, anzi: la diffusione ed il radicamento continuarono fortemente nel periodo umbertino e di preparazione alla Prima Guerra Mondiale (anche con il cinema muto) e poi con l'appropriazione (e l'esasperazione) di quei concetti da parte della propaganda fascista fin dall'inizio del ventennio.
Un ruolo forte lo ha avuto, negli ultimi 150 anni, la scuola (pubblica primaria). Il manifesto per eccellenza del meccanismo per la costruzione dell'identità nazionale è il libro Cuore (chi ha una certa età, come chi scrive, ne ricorda lunghi pezzi studiati a memoria negli anni '50 …). Ma a questo andrebbero aggiunti, nella stessa logica in altri ordini di scuola, almeno Dante e Manzoni.
Nazione implica patriottismo ma anche nazionalismo e intolleranza verso lo straniero. Nel 1848, a Venezia, durante l'insurrezione repubblicana, fu necessario concedere parecchi passaporti a cittadini veneziani che, imparentati con stranieri (mogli o mariti, non necessariamente odiati "tedeschi" ma anche semplicemente non veneziani), dovettero espatriare perché non tollerati dalla popolazione.
La problematica nazionalista culminò, nel periodo fascista, con le leggi razziali del '38 ma le sue basi erano già tutte nel ius sanguinis, nell'irredentismo e nel programma politico del 1919, attraverso cui raccolse il malcontento e l'esasperazione delle decine di migliaia di reduci della "vittoria tradita".
Dopo una fase di pausa (e di rifiuto della retorica patriottarda di cui il fascismo abusò in modo straordinario) il concetto di Nazione si ripresenta sostanzialmente uguale, cioè sulle stesse basi, anche nei risvolti negativi: un paese in formazione (e con una forte spinta all'emigrazione) trova nel nazionalismo una forma di difesa dell'identità nazionale. Ma un paese formato e sviluppato al punto di essere meta di una certa immigrazione di "stranieri", può ancora basare il suo sentirsi nazione sulla contrapposizione con le altre nazioni e fomentare così forme di xenofobia allarmanti?
Non è consolante che questo problema non sia solo italiano.… (plus d'informations)