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Chargement... Un buon posto in cui fermarsipar Matteo Bussola
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1 settembre. Sì. L'ho fatto.
Sono tutte storie maschili (ce n'è solo una sola un po' ambigua). Leggendolo mi sono chiesto varie volte cosa fosse quella voce che mi chiamava da dentro e che mi diceva: ecco, guarda bene, lì ci sei tu. Ma mentre leggevo proprio non capivo dove dovevo guardare. Poi forse ho capito.
In quasi tutte le storie il protagonista si prende cura di qualcuno: un figlio, la moglie, gli amici, un giardino. Solo nella storia di Marco non ho trovato questo marchio (Marco-marchio mi piace l'assonanza). Questa e quella successiva sono più concentrate sulla ricerca di un se da capire, da far emergere, da recuperare.
A Biagio (il giardiniere) l'autore fa dire una frase molto ripetuta, in rete, in varie forme: un uomo, per sentirsi completamente realizzato, dovrebbe nella sua vita poter compiere tre cose: fare un figlio, scrivere un libro, piantare un albero. In realtà Biagio non pianta solo alberi, se ne prende cura. E lo stesso fanno i protagonisti delle altre storie perché tutte le Storie iniziano con queste azioni. Ma la realtà è che non basta - per dirla in termini manageriali - realizzare virilmente l'investimento; occorre poi anche saperlo mantenere farlo crescere permettendogli di crescere, di camminare, di esplorare il mondo, di parlare, di pensare autonomamente, di fare foglie, fiori, frutti, permettendogli di essere letto, interpretato, diffuso. Solo così la propria vita, il proprio se, potrà davvero esprimersi.
E io dove sto?
Confesso che faccio fatica a rispondere.
Non lo so ancora dove sto: non ho fatto un figlio, non ho scritto un libro, non ho piantato nessun albero.
E allora?
Andrò a cercarmi in Vespa.
Magari mi trovo in qualche posto remoto o forse non mi troverò mai e mi perderò in un labirinto di strade senza uscita.