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Metello (1955)

par Vasco Pratolini

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Séries: Una storia italiana / V. Pratolini (1)

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853.914 PRA
  ScarpaOderzo | Apr 14, 2020 |
Bel libro, scritto bene, non risente poi molto del periodo in cui fu scritto (dal punto di vista lessicale). Forse un po' veloce, un po' semplice, un po' troppo lineare nella chiusura, ma non c'era tempo per un altro colpo di scena, bastavano quelli già scritti.
E' un libro su un uomo scritto con un occhio di riguardo per le donne, soprattutto per una donna. ( )
  sbaldi59 | Sep 3, 2017 |
Se molte furono le polemiche che accolsero questo libro alla sua uscita, ora, che sono passati sessant’anni, ci si può abbandonare al racconto e ai personaggi evitando di accapigliarsi sulla sovrastruttura ideologica. Che c’è, innegabile, perché tra i motori del volume ci sono la lotta dei muratori fiorentini per garantirsi un salario meno da fame (era forse sbagliata?) e la parallela maturazione politica oltre che umana di Metello Salani, ma non sono preponderanti: la bellezza del romanzo è che esse si innestino nella vita quotidiana delle classi più umili, fra le quali emergono figure che l’autore disegna con grande finezza e profondità. Curiosamente, in un libro che per molte pagine narra di uomini che si affrontano a muso duro, sono le donne a colpire di più: la matura e indipendente – molto in anticipo sui tempi - Viola, la superficiale ma solare Ida e soprattutto Ersilia, la determinatissima moglie di Metello, orgogliosa delle sue origini a San Frediano e che, quando deve riprendersi il marito distratto (per così dire), si fa protagonista di quella che è la scena più bella del romanzo. Di un niente meno riuscita è la descrizione di Metello, orfano dall’infanzia difficile e giovanotto con la tendenza a sbruffoneggiare con le donne, ma anche lavoratore capace e attento al prossimo: forse un po’ monolitico, almeno dal lato ‘pubblico’, nella seconda parte, ma sempre pienamente credibile. Attorno a loro, si muove una folla di personaggi in continuo movimento e, anche se qualche volta il bozzetto ci scappa, la caratterizzazione è quasi sempre ben definita: i maestri di vita Betto e Sante, il pavido Olindo, il padrone un po’ meno padrone Badolati, gli altri muratori divisi tra la voglia di lottare e il bisogno di portare qualche soldo a casa. Tutti quanti – meno Badolati, ovviamente - condividono una vita dai bisogni primari, in cui a dar soddisfazione bastano un bicchiere di vino, un mezzo toscano o una passeggiata in riva all’Arno, ma che hanno forti passioni personali, come gli uomini di ogni tempo, che non passano mai in secondo piano rispetto alle questioni sociali. Se è vero che, qua e là, l’effetto ‘Quarto stato’ è avvertibile, ci sono numerosi momenti in cui le lotte tra gli appartenenti alla stessa classe sono evidenti, per non parlare dell’insanabile frattura tra socialisti e anarchici che è più che altro accennata. Sono queste le varie facce che fanno del romanzo un libro riuscito e che pare aver passato indenne le insidie del tempo grazie anche a qualche accorgimento stilistico come l’uso efficace del flash-forward: Forse non altrettanto si può dire della lingua con cui è scritto, un italiano tempestato di toscanismi e un filo arcaicheggiante, ricco com’è di “j” a far le voci di singole o doppie “i”: modo di scrivere che, però, ha d’altra parte il pregio di restituire appieno la Firenze popolana di fine Ottocento (la narrazione culmina e termina nel 1902) facendo anche nascere qualche impietoso confronto con quella modaiola e, soprattutto, orientata al turista, dei giorni nostri. ( )
  catcarlo | Oct 8, 2014 |
Firenze negli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento. Ci sono impalcature ovunque e scheletri di case che crescono giorno dopo giorno tra il sudore ma anche la soddisfazione degli operai. Pratolini in questo primo atto della trilogia "Una storia italiana" racconta la dura vita nei cantieri dei giovani operai e le lotte per gli aumenti salariali. Sono gli anni del caro vita, le famiglie sono allo stremo, così appellandosi al socialismo i cantieri entrano in sciopero. Non lavorare vuol dire nessuno stipendio. Il braccio di ferro tra datori di lavoro e operai è sempre più duro, questi ultimi sono sempre più divisi: non hanno più nulla da mangiare e una famiglia da mantenere. Qualche aiuto arriva dalla Camera del Lavoro, ma poca roba. Sono sul punto di mollare, poi tengono duro finchè arrivano a strappare un aumento di salario di pochi centesimi, ma è già una conquista. Il tutto sullo sfondo di una Firenze che non è più capitale d'Italia. Tra incidenti sul lavoro, scontri con le forze dell'ordine, arresti e spaccati di vita familiare, Pratolini disegna un affresco dell'Italia dell'inizio del Novecento, dove le frivolezze non contavano, ma si viveva di pane e affetti. ( )
  ely.ely | Oct 31, 2011 |
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Vasco Pratoliniauteur principaltoutes les éditionscalculé
Memmo, Francesco PaoloContributeurauteur secondairequelques éditionsconfirmé
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