Il libro fa alcune interessanti riflessioni sul mondo di oggi: come pensiamo il lavoro, i rapporti con le persone, con l'ambiente. Non ci sembra, ad esempio, che la nostra società stia tornando lentamente a condizioni di lavoro ottocentesche? Che per permettere alle aziende di essere "competitive" ci si stia allineando alle condizioni di sfruttamento spaventoso che subiscono nei paesi emergenti, invece di proteggere le persone sia lì, che qui?

L'autore propone soluzioni provocatorie, anche se molte purtroppo di dubbia fattibilità. Eppure noi, nel nostro piccolo, qualcosa potremmo fare, per cambiare il mondo a piccoli passi.

Restano alcune affermazioni che mi lasciano un po' perplessa, ad esempio:
1. Ogni uomo si dovrebbe costruire una casa da sé... Certo, soprattutto in quei territori a rischio sismico, immaginate che circo, a ogni terremoto?
2. Se si conosce il proprio corpo si può trattare con il medico da pari... Ora, che si evitino domande del tipo "E che è il pancreas?" per poi finire a credere che i tumori si curino con il bicarbonato, va bene. Che ci si aspetti di discettare a ogni visita sull'emivita dei chinoloni, magari mi sembra un pelino esagerato.

Di certo, tutti beneficeremmo di una maggiore cultura di base e di maggiore senso critico, ma alcune professioni 'specialistiche' esistono proprio perché non è possibile per una persona sapere tutto a livelli professionali e improvvisarsi diventa pericoloso. ( )