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Nella vasta letteratura e nella memorialistica sulla Resistenza, “Fiori rossi al Martinetto” è un documento drammatico, un testo di riferimento, soprattutto per il suo tono antiretorico. “I resistenti, per Fusi, non sono personaggi di Plutarco – avverte Alessandro Galante Garrone nella presentazione del volume – eroi stilizzati tutti d’un pezzo, ma uomini fatti per la pace, per la semplice vita quotidiana, che vincono la paura e l’egoismo per un istintivo senso del dovere”. Organizzato alla presenza di gerarchi di Mussolini e di membri del governo di Salò, il “Processo di Torino” fu uno degli atti più repressivi, finalizzato a contenere il dilagante movimento di liberazione nell’Alta Italia. Dopo una sommaria istruttoria, il 2 aprile 1944 (Domenica delle Palme), il processo si concluse con la condanna a morte di Franco Balbis, Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Braccini, Errico Giachino, Eusebio Giambone, Massimo Montano e Giuseppe Perotti. La fucilazione fu eseguita al poligono del Martinetto, alle prime ore del 5 aprile, al grido dei patrioti “Viva l’Italia libera!”. Scampato miracolosamente alla morte, in quanto imputato – insieme con i componenti del Comitato militare del C.L.N. piemontese – di “attentati contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità della Repubblica Sociale Italiana”, Valdo Fusi rievoca in questo libro i giorni di quella tragedia. A proposito di queste pagine, è stato scritto che sono la storia della generazione che, pur nel crollo apparente dei valori e nella sensazione diffusa di una crisi generale di civiltà, seppe mantenere la fede nell’Italia libera e la speranza per la pace. ( )
Venerdì 31 marzo 1944 la polizia nazifascista fece irruzione nel Duomo di Torino per arrestare l’intero Comitato militare del Cln piemontese, riunito clandestinamente nei locali della Cattedrale. Tra gli arrestati, con l’accusa di “attentati contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità della Repubblica sociale italiana”, c’è Valdo Fusi, avvocato e rappresentante della Democrazia Cristiana. Voluto con forza dallo stesso Mussolini il processo si concluse con la condanna a morte di otto dei quindici imputati - il generale Giuseppe Perotti, Franco Balbis, Massimo Montano, Giulio Biglieri, Paolo Braccini, Eusebio Giambone, Erich Giachino e Quinto Bevilacqua - che vennero fucilati all’alba del 5 aprile al poligono di tiro del Martinetto. ( )
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Ci sono morti coraggiose e fortunate. Ho veduto tagliare il filo di una vita in meraviglioso progresso, e nel fiore dell’ascesa, a qualcuno, con una fine così grandiosa, che secondo me i suoi ambiziosi e coraggiosi propositi non avevano nulla di così alto come la loro interruzione. Egli arrivò, senza andarvi, dove aspirava: con maggior grandezza e gloria che non avrebbero potuto il suo desiderio e la sua speranza. E sorpassò con la sua caduta la potenza e la fama cui aspirava con la sua corsa. MONTAIGNE (trad. di Virgilio Enrico)
Premiers mots
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— C’è l’avvocato Guglielminetti2. — Impossibile. Mai sentito che un avvocato si rechi dal collega più giovane. Approfondisca, signorina. — L’avvocato Guglielminetti. — Perché non l’ha detto subito? Mi strappo dal trattato nelle fresche acque del quale diguazzavo, muovo incontro al Collega Importante. — Dovevi telefonarmi! Venivo io da Te. Perché gli scappa da ridere? Perché lo sventurato ha chiuso il libro. Campeggia sulla copertina una enorme mano nera protesa a ghermire una ragazza rannicchiata contro un muro bianchissimo, altissimo, il cielo è zafferano.
Citations
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Ci sono morti coraggiose e fortunate. Ho veduto tagliare il filo di una vita in meraviglioso progresso, e nel fiore dell’ascesa, a qualcuno, con una fine così grandiosa, che secondo me i suoi ambiziosi e coraggiosi propositi non avevano nulla di così alto come la loro interruzione. Egli arrivò, senza andarvi, dove aspirava: con maggior grandezza e gloria che non avrebbero potuto il suo desiderio e la sua speranza. E sorpassò con la sua caduta la potenza e la fama cui aspirava con la sua corsa. MONTAIGNE (trad. di Virgilio Enrico)
Derniers mots
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Raro incontro di due anime elette, anche questo capolavoro del vivere in due, questo rapporto completo nella fede, nella moralità, ma anche nelle letture, nelle schermaglie, nell’allegria non menu che nell’abitudine del quotidiano, appartiene ad uno stato di grazia che a ben pochi è dato di sfiorare, anche solo per una breve stagione del cuore. Valdo seppe invece perpetuarlo per tutti gli anni che ancora gli furono concessi, con sempre intatta freschezza, cogliendo in esso il premio più bello della sua limpida vita “.
“I resistenti, per Fusi, non sono personaggi di Plutarco – avverte Alessandro Galante Garrone nella presentazione del volume – eroi stilizzati tutti d’un pezzo, ma uomini fatti per la pace, per la semplice vita quotidiana, che vincono la paura e l’egoismo per un istintivo senso del dovere”.
Organizzato alla presenza di gerarchi di Mussolini e di membri del governo di Salò, il “Processo di Torino” fu uno degli atti più repressivi, finalizzato a contenere il dilagante movimento di liberazione nell’Alta Italia.
Dopo una sommaria istruttoria, il 2 aprile 1944 (Domenica delle Palme), il processo si concluse con la condanna a morte di Franco Balbis, Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Braccini, Errico Giachino, Eusebio Giambone, Massimo Montano e Giuseppe Perotti. La fucilazione fu eseguita al poligono del Martinetto, alle prime ore del 5 aprile, al grido dei patrioti “Viva l’Italia libera!”.
Scampato miracolosamente alla morte, in quanto imputato – insieme con i componenti del Comitato militare del C.L.N. piemontese – di “attentati contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità della Repubblica Sociale Italiana”, Valdo Fusi rievoca in questo libro i giorni di quella tragedia.
A proposito di queste pagine, è stato scritto che sono la storia della generazione che, pur nel crollo apparente dei valori e nella sensazione diffusa di una crisi generale di civiltà, seppe mantenere la fede nell’Italia libera e la speranza per la pace. ( )