Nulla di più difficile che ricostruire nei suoi elementi reali e genuini la biografia dei fondatori delle grandi religioni. Per un processo normale e facilmente spiegabile, la loro figura tende a spogliarsi di quei residui storici che frammentariamente sopravvivono nelle tradizioni più antiche uscite dalla cerchia degli immediati discepoli e ad assumere un carattere sempre più leggendario e divino, mano a mano che i secoli passano e si allarga il numero dei fedeli. Ciò tanto più doveva accadere per il Buddha, in un paese come l’India, in cui ogni individualità tende a scolorirsi nel tipo o a ingigantirsi nell’eroe e nel semidio, accogliendo in sé, per l’incosciente e lento lavorio delle folle, sempre avide del meraviglioso, tratti caratteristici di miti e leggende più antiche. Sicché, nulla di strano se, come vedremo, in parte per una naturale evoluzione e in parte per l’influsso di peculiari concezioni religiose e filosofiche, il pensatore e l’asceta della stirpe degli Çâkya, diventerà, secondo una complicata teologia che avremo agio di esporre, almeno nei suoi capisaldi, l’incarnazione e la manifestazione del Buddha eterno, ipostasi dell’indefinibile realtà cosmica che può soltanto svelarsi agli occhi dell’iniziato.
Come testo di divulgazione, o di prima informazione, non mi sembra però troppo ben riuscito. Da un lato esamina l'argomento con atteggiamento critico, tende a inserire il buddhismo nel quadro più generale della spiritualità indiana dell'epoca, inserisce qua e là delle osservazioni di carattere generale e anche qualche passaggio suggestivo, il tutto scritto in un ottimo italiano robusto e vivace. Dall'altro lato, ha una tendenza quasi costante a diramarsi e a divagare, a volte fa riferimento ad altre filosofie e religioni indiane senza spiegarle, a usare termini originali senza tradurli, a scendere in troppi dettagli in un modo che risulta un po' confuso e dispersivo. Inoltre ha un approccio forse un po' troppo "filosofico", molto concentrato sull'esame delle varie dottrine.
Tutto ciò, comunque, lascia intravedere la stupefacente varietà e ricchezza delle dottrine filosofiche e religiose prodotte dalla civiltà indiana, e anche l'impressionante padronanza che il trentaduenne Tucci già aveva di questa immensa materia. Ammetto che non mi sono troppo impegnato nel seguire tutti i dettagli e non ho letto proprio tutto, ma probabilmente l'argomento supera le mie modeste forze. E non posso dire di aver veramente compreso almeno i capisaldi del messaggio del Buddha (le quattro nobili verità, l'ottuplice sentiero, i cinque aggregati, le dodici cause concatenate...), forse per la mia refrattarietà a ogni forma di misticismo o di religiosità. Sarà una limitazione, ma io sono fatto così.
Il testo contiene parecchi errori di stampa, non so se già presenti nell'originale o, più probabilmente, risultato di una scansione che non è stata adeguatamente riletta e corretta. ( )