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Il burattinaio

par Francesco Barbi

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Come nei film, anche nei libri, è difficile trovare un sequel che sia in grado di far esclamare un secco “È perfino migliore del primo!”, ovviamente quando il primo romanzo rasenta quasi la perfezione come nel caso de L’Acchiapparatti di Francesco Barbi.

Con Il Burattinaio, Barbi torna e ci presenta un nuovo corposo e fantastico capolavoro che, nonostante le sue 524 pagine, cattura l’attenzione del lettore fin dall’inizio e non ti lascia fino all’ultima parola.
Della serie: “non chiamatemi, non cercatemi, non telefonatemi e non scocciate: sto leggendo!”.

A discapito di quello che si potrebbe pensare, L’acchiapparatti e Il burattinaio sono due romanzi di fantasy classico diretto ad un pubblico per adulti, e non nel senso erotico del termine. Molto più semplicemente – e dopo questo sequel ne siamo sempre più convinti – è sicuramente più semplice per un adulto cogliere il massimo di ogni sfaccettatura di questo romanzo di impronta medievale.

Niente vampiri, licantropi o fatine più o meno perfide, qua si parla di fantasy puro. Una delle massime espressioni del fantasy nostrano, oseremmo aggiungere. Uno di quei pochi libri che, una volta chiusa l’ultima pagina con l’anima colma di un’inquietante senso di perdita ed euforia allo stesso tempo, si arriva perfino a sperare che ci sia un altro sequel. E nell’attuale mondo editoriale, che è soverchiato e saturo di trilogie e saghe infinite, questo lascia intendere chiaramente che, Il Burattinaio, è un romanzo che conquista.

Sono passati quattro anni dalla scomparsa del Boia di Giloc, ma le cose sembrano non essersi ancora risolte. L’Oracolo, su richiesta del conte Assor, profetizza la caduta di Olm a causa della comparsa di un misterioso stregone e, ovviamente, la catastrofe sembra essere legata indissolubilmente alla sorte del Necromorteno.

I Guardiani dell’Equilibrio (inquisitori) vengono quindi inviati ad investigare sull’effettiva fine della creatura che anni prima era scomparsa in un crepaccio nelle Terre di Confine.

A capo di questi inquisitori c’è l’Indice, spietato e scaltro, che non impiegherà troppo tempo prima di “fiutare” una pista che lo porterà inevitabilmente sulle tracce di Zaccaria, riuscendo alla fine a catturarlo. Solo che Zaccaria ha in sé molto più di quel che sembra a primo impatto, è molto diverso dallo Zaccaria che abbiamo conosciuto ne L’Acchiapparatti, e il viaggio di ritorno sarà tutt’altro che semplice…

Come sempre il punto di forza del romanzo sono i personaggi che spiccano come piccoli diamanti lucenti nonostante le imperfezioni. Ognuno di questi è “protagonista” unico ed inconfondibile, e soprattutto in grado di descriversi e farsi ricordare (anche grazie ai loro unici modi di “parlare”) anche senza che l’autore ce li descriva, non serve, le loro peculiarità emergono prepotentemente fra le righe de Il Burattinaio.

Gamara, il cacciatore di taglie; l’Orgo gigante, i due bambini Steben e Nodo, Teclisotta, Frida, Guia, il raccogli-orfano Medoro… Chi è preda e chi inseguitore? Chi o qual è il vero pericolo che pende sulle teste di tutti?

Nulla è come sembra perché, infatti, dietro le quinte a muovere le fila di tutti loro c’è Lui, il Burattinaio. Colui che sembra muovere, spingere e innescare tutte le azioni – e le conseguenti reazioni – di ogni scelta fatta da ogni personaggio dove il confine fra provvidenza, destino, predestinazione, magia e premeditazione sembra sfumare lasciandoci nelle mani di una serie di inspiegabili fenomeni che nulla hanno a che vedere con colpi di bacchetta o creature fantastiche che accorrono a salvare magistralmente le situazioni.

A differenza del primo romanzo dove la storia veniva raccontata in maniera diretta e lineare, in questo sequel è possibile individuare vari filoni che si accostano, intrecciano o perfino mai si avvicinano ma tutti contribuiscono inesorabilmente a spingere la trama dove vuole l’autore, il “vero” burattinaio di questo immenso mondo da lui creato con tanto amore e passione.

Un mondo dove sono presente tutte le gamme di grigi possibili ed immaginabili, dove nulla è bianco o nero ed in cui il bene e male non sono mai due fazioni chiare e definite. Non c’è un eroe, niente cavalli bianchi o principi vampiri redenti alla Luce del Bene. In questo romanzo l’umanità (per quanto possibile) di ogni personaggio traspare dai loro difetti, da quei pregi che ammettono solo controvoglia e da tutti quegli errori che commettono per far del bene e di quelle buone azioni che son il fortunato frutto delle loro malefatte.

Abbiamo fra le mani un romanzo ben fatto, straordinariamente ben narrato e scritto con cura. L’humour nero che pervade ogni pagina ci fa sorridere, ma anche riflettere. Sembra quasi che la razionalità e la follia siano solo punti di vista di un’insieme; come la stessa follia di Zaccaria che possiede una saggezza quasi inquietante. O la razionalità dei Guardiani che si avvicina chiaramente alla follia pura.

Un libro unico, che merita di essere letto e sicuramente ben lontano da ogni fantasy puramente commerciale, questo è Il Burattinaio. Lontano dai cliché, dalle figure fantastiche nordeuropee, o della cultura fantasy americana: questo è fantasy italiano, signori. ( )
  Nasreen44 | Jun 8, 2017 |
Ero proprio curiosa di scoprire cosa avrebbe inventato Francesco Barbi nel suo secondo libro su Zaccaria & soci. Tornare su protagonisti già noti è sempre un azzardo, perché può spingere l’autore ad adagiarsi sui proverbiali allori e affidarsi troppo al carisma di personaggi già amati – soprattutto quando i suddetti sono tanto particolari e memorabili, come Zaccaria, Gamara e Guia, giusto per citarne tre.
Vi dico subito che, per me, la prova è stata decisamente superata: Il Burattinaio è una gran bella lettura, piena di sorprese e svolte inaspettate. Mi è proprio piaciuto!

Non mancano i difetti, ma sono pochi e non inficiano granché la lettura, quindi meglio parlarne subito e non pensarci più. Sono, essenzialmente, gli stessi del primo libro: periodi spezzettati e sintassi nominale – scelte stilistiche che di per sé non sono male, ma solo se usate con parsimonia (secondo me, ovvio). Barbi, invece, sembra amarle particolarmente: in ogni caso, la lettura non ne risente troppo e passate le prime pagine, necessarie per immergersi di nuovo nella storia e nello stile dell’autore, tutto scorre liscio come l’olio – salvo alcuni passaggi che ho trovato un poco confusionari: delle scene d’azione che, forse per il tentativo dell’autore di rendere la concitazione e il caos, sono risultate un po’ poco chiare.

Tuttavia, tutto questo passa in secondo piano, visto che sono ben presenti anche i pregi che mi avevano fatto apprezzare tanto il primo libro. La storia è di nuovo atipica e ben costruita, con un ritmo che regge bene e senza punti morti: i personaggi rimangono il cardine di tutte le vicende e sono davvero fantastici, sempre coerenti con la loro caratterizzazione e decisamente insoliti.
Zaccaria è più cupo e consapevole, pur rimanendo il mezzo pazzo di sempre; in questo secondo libro è meno presente, ma non per questo meno importante, anzi… Barbi non si è risparmiato e gli ha imposto dei compiti e delle sventure non da poco.
Chi ha senz’altro più spazio, invece, è Gamara: il nostro cacciatore di taglie sarà fondamentale in questo capitolo e ammetto di esserne davvero felice. Tormentato, forte, chiuso e violento, pur avendo tutti gli ingredienti per essere un cliché che cammina riesce a risultare umano e credibile.
Come nel libro precedente, ho apprezzato che l’autore ci abbia fatto vedere l’evolversi della storia attraverso diversi punti di vista – sempre ben separati tra loro, ovvio! – e riuscendo a rendere vivi e reali i suoi personaggi sia attraverso loro stessi e il loro modo di osservare gli altri, sia attraverso lo sguardo degli altri su di loro. Mi è piaciuto anche che abbia limitato gli excursus in punti di vista troppo “estranei” ai personaggi principali – per carità, Barbi si riconferma un ottimo tratteggiatore di caratteri nel farlo (rende “umani” narratori che durano, solitamente, la lunghezza del capitolo – quindi poche pagine), ma sono felice che non si sia dedicato più del necessario a queste deviazioni, come invece mi era sembrato, talvolta, ne L’Acchiapparatti.

Degli avvenimenti che si susseguono in questo libro non vi parlo, perché non voglio assolutamente rovinarvi il piacere dei colpi di scena che l’autore ha piazzato lungo il corso della storia. Alcuni sono un pochino prevedibili, ma altri sono veramente incredibili e mi hanno lasciata a bocca aperta; in ogni caso, si sono sempre rivelati ben congegnati e perfetti per l’avanzamento della trama, e il tutto porta ad un finale che… no, non ve lo dico. Ma sappiate che l’ultima pagina non vi lascerà indifferenti.

L’autore, nella discussione sul gruppo Anobii in cui propone il suo romanzo in catena di lettura, ha ammesso di avere diverse idee per un eventuale seguito, ma che sicuramente non è nei suoi progetti per il futuro prossimo.
Io vi dico solo che spero proprio che Barbi torni a raccontarci i loro destini! ( )
  Dasly | Feb 18, 2014 |
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