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Dalle parti degli infedeli (1979)

par Leonardo Sciascia

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  ScarpaOderzo | Apr 14, 2020 |
(Come inizia:) " A monsignor Angelo Ficarra, da più di dieci anni vescovo di Patti, il segno dei tempi nuovi fu dato da una lettera anonima. Accompagnava un articolo dell' Osservatore romano in cui si celebravano, nel decennio della morte, le virtù del cardinale Bisleti; e segnato in rosso questo pass: ' Splendente esempio di vita sacerdotale, il Cardinale fu particolarmente..."
  circa2000 | Oct 14, 2013 |
A la fin des années quarante, un responsable de la Démocratie chrétienne, un cardinal et le Saint-Office veulent contraindre un évêque sicilien à renoncer à son diocèse: il n'appuie pas assez les campagnes électorales démochrétiennes. A l'aide de documents inédits et secrets, l'auteur reconstitue l'implacable logique d'un procès 'inquisitorial et stalinien'. Objectif et confondant.
  PierreYvesMERCIER | Feb 19, 2012 |
Questa è la storia di monsignor Ficarra, per un ventennio vescovo di Patti, che nell’immediato secondo dopoguerra entrò in contrasto con il Vaticano e venne promosso arcivescovo di Leontopoli di Augustamnica in partibus infidelium. Le cause del contrasto sono da ricercare in un certo qual modernismo che a un certo punto caratterizzò monsignor Ficarra, nell’audacia di certe sue tesi sulla religiosità (o meglio irreligiosità) siciliana e nella sua scarsa malleabilità politica. Ficarra infatti si rifiutò di appoggiare apertamente la locale lista del partito politico della Democrazia cristiana nelle elezioni amministrative. Ciò suscitò le ire di molti piccoli potentati interni alla diocesi che ben presto seppero farsi ascoltare in Vaticano. Le modalità di svolgimento della vicenda sono romanzesche: dal semplice e ripetuto richiamo verbale e scritto, alla richiesta esplicita di dimissioni, a una lettera di un vescovo amico che incoraggiava le dimissioni e sottolineava il ricavato personale di una tale scelta, all’affiancamento di un vicario con compiti da sostituto effettivo (peraltro poco efficace), alla dichiarazione unilaterale di inadeguatezza per sopraggiunte cecità e difficoltà deambulatorie. La ricostruzione della storia realmente accaduta è fatta a suon di citazione di documenti. A guidare Sciascia in questa sua ricostruzione fu la sua profonda e fondata convinzione che fra i caratteri della sua terra vi fosse una certa refrattarietà dei siciliani alla fede cristiana paradossalmente confermata dalla profusione delle forme di culto religioso. Da arcivescovo di Leontopoli, monsignor Ficarra morì a Canicattì il 1 giugno 1959: improvvisamente, mentre stava per uscire di casa. E non un giorno di infermità, prima che la morte lo cogliesse. Di una località chiamata Leontopoli parla Giuseppe Flavio: Corrisponderebbe all’odierno Tell el-Jehudijjeh a circa 30 chilometri dal Cairo e a 20 dall’antica Eliopoli. Vi esisteva un tempio giudaico. Ecco cosa ne dice l’Enciclopedia Cattolica: Evidentemente a Gerusalemme il culto del tempio di Leontopoli era considerato illegale; i sacrifici erano invalidi, i suoi sacerdoti non potevano officiare nel Tempio di Gerusalemme, ma, stranamente i voti fatti espressamente per esso conservavano il loro valore. In realtà esso doveva avere poca importanza Il tempio di Leontopoli viveva in una specie di tolleranza. Conclude Sciascia: Saremmo maliziosi a sospettare una certa malizia da parte della curia vaticana, della Congregazione concistoriale, del cardinal Piazza nella nomina di monsignor Ficarra ad arcivescovo di Leontopoli? Certamente, risponderete voi.

Ritengo "Dalle parti degli infedeli" uno dei libri migliori di Leonardo Sciascia, forse il migliore di quelli che ho letto.

Libro inattuale e attuale al tempo stesso.

Inattuale perché descrive un pezzo di un'Italia che non c'è più: che non c'era già più quando, nel 1979, l'opera fu scritta. Attraverso la vicenda esemplare di un prete giusto, uomo di cultura e di studi, fatto oggetto di una tenace persecuzione a causa del suo disinteresse per la politica, il libro tratteggia infatti la storia italiana degli anni dell'immediato dopoguerra, dal 1945 al 1955.

Attuale perché ancor oggi si dovrebbero vagheggiare preti così: dediti alla preghiera, alla meditazione, alla teologia e alla cura delle anime, piuttosto che implicati nelle campagne elettorali.

Il prete in questione era mons. Angelo Ficarra, vescovo della diocesi di Patti in provincia di Agrigento. Dalla breve nota biografica in calce al libro si apprende che era nato a Canicattì il 7 luglio del 1885. Di umili origini, figlio di un muratore delle zolfare, studiò in un istituto tecnico della propria città, poi al Seminario Vescovile di Girgenti, quindi si laureò a Palermo nel 1914. Fu ordinato nel 1908 e divenne parroco di Ribera. Partecipò alla guerra prestando servizio negli ospedali militari. Quindi fu parroco e arciprete di Canicattì, dove contemporaneamente insegnò nella scuola pubblica. Divenuto nel 1934 vicario generale della curia agrigentina, fu nominato vescovo di Patti due anni dopo. Rimase in carica per circa vent'anni, dieci dei quali resi amari dall'accanimento dei suoi persecutori vaticani. Fatto arcivescovo di Leontopoli di Augustamnica, morì improvvisamente nel 1959. Leontopoli: situata secondo l'"Enciclopedia Cattolica" a pochi km dal Cairo e dall'antica Eliopoli, in partibus infidelium; il che equivale a dire che il nostro eroe fu promosso ad arcivescovo di una chiesa inesistente. Ma vedremo meglio come ciò avvenne.

Mons. Ficarra fu un colto patrologo, autore di testi divulgativi e di apprezzati saggi, in particolare su s. Girolamo e s. Agostino. Un'opera manoscritta intitolata "Religiosità in Sicilia", in cui egli affrontava il delicato e sofferto tema della superstizione e della refrattarietà dei siciliani al cattolicesimo, restò inedita perché non ottenne la licenza di stampa da parte dei superiori. Per uno di quei casi bizzarri che talora riserva la vita, essa concordava nella tesi e nelle conclusioni con un controverso libro sulle "Feste religiose in Sicilia" scritto da colui che sarebbe divenuto il suo biografo.

Leonardo Sciascia, appresa l'esistenza dello scritto sulla religiosità dei siciliani, non aveva cercato di prenderne visione per non incorrere nella diffidenza dei familiari del defunto vescovo di Patti. Per uno di quei casi bizzari che talora riserva la vita, furono gli stessi familiari del prelato che gli vollero affidare il suo archivio personale affinché lo riordinasse. In tal modo, lo scrittore venne in possesso non solo del manoscritto che gli interessava, ma di diari, minute, e della corrispondenza che ha consentito di ricostruire la vicenda narrata dal libro. Parte di questa corrispondenza era inviata SUB SECRETO S. OFFICII: vale a dire che chi l'avesse letta e divulgata sarebbe incorso nella"scomunica maggiore", da cui poteva essere assolto solo dal Pontefice. Tentativo, evidentemente, per una volta fallito, di recuperare al silenzio questi fatti.

Ma vediamo i protagonisti della storia.

Di mons. Angelo Ficarra abbiamo detto. Il rigore e la rettitudine del vescovo di Patti appaiono anticipati da un episodio accaduto nel 1938, ancora in pieno fascismo. Appellandosi a una disposizione dell'Episcopato Siculo che vietava che si tenessero spettacoli cinematografici all'aperto durante le feste religiose, questi aveva risolto il conflitto sorto con le autorità locali sospendendo la festa del santo patrono di Librizzi, paesino della diocesi. Il fatto avrebbe forse destato minore scandalo se i film proiettati non fossero stati intitolati "Il cammino degli eroi" e "Il viaggio del Duce". Risalendo su su tutta la gerarchia, la protesta giunse fino alla Segreteria di Stato vaticana, che intervenne con una lettera di richiesta di spiegazioni in cui larvatamente si insinuava un sospetto di antifascismo nei riguardi del monsignore, firmata dal card. Eugenio Pacelli (il futuro Pio XII). Il conflitto occulto con le alte gerarchie ecclesiastiche esplose però dieci anni dopo, quando la Democrazia Cristiana perse per due volte consecutive le elezioni amministrative a favore di una coalizione laica. Di ciò venne incolpato appunto il vescovo di Patti, che nei giorni della campagna elettorale, secondo le accuse mossegli dai dirigenti democristiani, preferiva godersi l'aria della sua Canicattì.

Comprimario di questa vicenda è il card. Piazza, della Sacra Congregazione Concistoriale. In un crescendo di allettamenti e sottili minacce, di menzogne, di manipolazioni, il Piazza tenta di estorcere le dimissioni del vescovo di Patti senza mai venir meno al tono formale dell'ansiosa sollecitudine paterna d'uso negli ambienti curiali. Non vi riuscirà. Non serviranno le accuse e le richieste di discolpa sullo stato della diocesi e sul comportamento del clero (non migliore e non peggiore di quello delle altre diocesi siciliane, come gli risponderà il Ficarra). Non serviranno le false affermazioni sulla sua salute non buona, e quindi sulla quasi totale sordità e cecità che gli avrebbero impedito di svolgere il suo ministero pastorale (in realtà il Ficarrà godrà sempre di ottima salute e morrà di morte improvvisa, senza aver mai sofferto un solo giorno di infermità). Non servirà la nomina di un vescovo ausiliare nella persona di mons. Pullano col pretesto del suo stato di salute, né servirà esautorarlo del tutto col promuovere il Pullano ad amministratore della diocesi "sede plena", cioè con pienezza di potere (il Ficarra, che non aveva richiesto e non voleva l'ausiliare, scriverà invano di godere ottima salute e di essere semmai disposto lui fare l'ausiliare a un vescovo che ne avesse davvero bisogno). In conclusione, fallite tutte le strategie, il Piazza dovrà ricorrere ad un rimedio estremo. Mons. Ficarra apprenderà infatti delle sue dimissioni e della sua "promozione" ad arcivescovo di Leontopoli sul "Giornale di Sicilia" dell'agosto del 1957, mentre si trovava in vacanza nella sua Canicattì (ecco l'imperdonabile colpa che sarà motivo della sua destituzione).

In questi eventi entrano anche personaggi minori e perfino semplici comparse.

Come il segretario della DC di Patti, che il 22 ottobre 1946 notificava al vescovo la disfatta alle elezioni e le proprie dimissioni e si auspicava un intervento dell'autorità ecclesiastica "con provvedimenti energici e con assistenza continua ed intelligente" (p. 13).

Come l'ignoto prete che, nel marzo del 1947, scrisse un'anonima lettera accusatoria al vescovo accompagnandola con un ritaglio dell'Osservatore Romano.

Come gli autori del pamphlet "Elezioni pattesi1946/49. Il Responsabile della disfatta della Democrazia Cristiana", stampato e divulgato in forma anonima. La segreteria provinciale della DC se ne dissociò con una lettera inviata al Pontefice e ad altre autorità e, per conoscenza, al vescovo di Patti. (Non è però altrettanto chiaro come facesse il segretario provinciale della DC, mentre affermava l'estraneità del partito all'iniziativa, a sapere con tanta precisione a chi il libello fosse stato inviato).

Come il segretario della sezione della DC di Pettineo, che con una lettera sgrammaticata munita di tre diverse timbrature, onde renderla più solenne e minacciosa, scriveva al vescvovo con tono insolente le proprie rimostranze per l'avvenuto matrimonio del comunista Russo Gaetano fu Sebastiano: ecco una comparsa. Lamentando cioè che nella diocesi di Patti non venisse osservata la scomunica promulgata dalla Santa Sede contro i comunisti, e che il detto Russo avesse potuto avere, per la negligenza del vescovo, le sue belle nozze in chiesa.

Come i cardinali amici e meno amici del Ficarra. Come, tra questi, il card. Tedeschini, che il 13 dicembre 1958 (frattanto, a papa Pacelli era succeduto papa Angelo Roncalli, Giovanni XXIII) risponderà di aver perorato invano presso la Sacra Congregazione Concistoriale la causa per una sua reintegrazione. Il card. Mimmi, succeduto al Piazza, avrebbe infatti risposto che la S. Sede "apprezza ed ha sempre apprezzato le doti di mente e di cuore di quel degnissimo Prelato; ma, omnibus perpensis, attese le attuali condizioni di lui, non ritiene che possa rivedersi il provvedimento a suo tempo adottato dalla ven. mem. Del S. Padre Pio XII" (p. 65). Il Ficarra continuava ovviamente a stare benissimo. "Dio e la natura non avevano ancora preso atto della decisione del card. Piazza e della Sacra Congregazione di costituirlo in infermità" (ibid.). ( )
  MareMagnum | Mar 11, 2006 |
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