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Saltatempo (2001)

par Stefano Benni

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300887,431 (3.62)1
One late-winter morning, a young man is cycling downhill to primary school when he encounters a peculiar man - as big as a mountain and as filthy as a garbage dump. After a brief conversation this earthy apparition endows him with a gift: an internal clock that allows him to see into the future and exist in the present at the same time. The young man becomes Timeskipper, seeing and forseeing the epochal events of his era, from postwar reconstruction to the birth of television. These events are tenderly offset by his own personal experiences - love, jobs and adventures.… (plus d'informations)
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Divertente. Molto divertente. ( )
  cloentrelibros | Aug 23, 2016 |
Being a novel of a young man's impressions of growing up in an Italian town during the 1960's, incorporating the era's radical politics and social turmoil. The publisher is anxious to let you know that the protagonist can see through time, but this theme of the book is poorly developed and consists mostly of his making predictions about the future lives of characters you don't care about anyway. Aside from this, and a few magic realism touches such as gods and gnomes, this becomes just another coming-of-age novel, with plenty of fart gags, sexual fumblings, speculation on the sexual capacities of the girls, and disparaging descriptions of teachers. The author's lampoons of the radicals of the period are amusing, but overlong; in general, this book is anything but tightly written, with innumerable characters introduced who turn out to have almost no part to play in the plot. The book certainly has its moments of wit and insight, but hardly enough to justify the time investment of many weeks it will take all except the most leisured to slog through the fruits of an author with severe logorrhea. ( )
  Big_Bang_Gorilla | Mar 31, 2014 |
Questo, come invece potrebbe far pensare la quarta di copertina, non è un romanzo di viaggi nel tempo. Non parla di mirabolanti avventure in epoche andate o ancora a venire, e di certo non ha un incredibile protagonista che sa saltellare attraverso le maglie del tessuto spazio-temporale.
Saltatempo è un meraviglioso miscuglio di mille generi: è un romanzo storico, un romanzo rosa, un romanzo di formazione e un romanzo introspettivo, in cui la possibilità del protagonista di poter "vedere" cosa succederà è solamente un pretesto narrativo, secondo me, per poter parlare dell'Italia di quegli anni, dell'adolescenza nel '68, della difficoltà di crescere senza abbandonare sè stessi alla corrente del fiume.

L'inizio, personalmente, è stato un po' stentato. Parte con una prosa fulminante, al limite dell'assurdo, quasi troppo particolare: legata alla natura ancora infantile del piccolo Lupetto, inconsapevole nel suo mangiare "schizzozibibbi" (o, come la conosciamo noi, uva) del fatto che presto incontrerà una divinità. Una divinità che, come le molte altre presenze che avranno la loro parte durante l'arco narrativo, è legata all'infanzia del protagonista, alle montagne, alla natura, alla semplicità e ad una sorta di "sporco buono"; gli donerà un orobilogio, un orologio interno che funziona in modo decisamente diverso dal nostro. Io l'ho inteso come una specie di "orologio biologico dell'anima", che può far compiere dei salti in avanti o indietro a Saltatempo, così da vedere come finiranno certe persone e certi posti, oppure incontrare di nuovo degli spiriti del passato. Ma, come vi ho detto prima, questo non vuol dire che questo sia un romanzo di fantascienza: la capacità di questo fantastico adolescente è un pretesto. Quando lui vede il futuro ottiene lo sprone per combattere, quando vede cosa ne sarà di un amico, o un rivale, riflette. La possibilità di relazionarsi a due diversi orologi (quello interno che ognuno di noi possiede, legato al presente, e il suo orobilogio per il passato ed il futuro) gli conferisce una capacità d'analisi del mondo che è quasi impossibile da trovare nel mondo reale, semplicemente perchè è come se Saltatempo possedesse due anime. Quella che vive ora, e quella che conosce il resto.

Tutto questo mentre Saltatempo cresce, diventando un po' adulto e rimanendo un po' bambino, e insieme a lui si sviluppa anche lo stile di Benni, che mi è sembrato "riordinarsi" e farsi più chiaro, piacevole, mantenendo nonostante tutto quella vena fuori dagli schemi che dà ai suoi libri un'aria forte, indomita si potrebbe dire, e quella comicità sui generis che proviene dalle persone, dalle situazioni (che, anche quando sembrano assurde e mal riposte, mostrano un loro splendido perchè), e soprattutto dalle parole.
L'adolescenza del protagonista, che ci accompagnerà per un buon tre quarti del libro, si rivela così come il miglior campo dell'autore, perchè Benni conosce l'adolescente, e conosce la realtà di quegli anni: sa come raccontare l'amore, la rabbia, la libertà, la speranza, la delusione, la duplicità e l'indecisione di questa nostra età assurda.
Riesce a raccontare della prima cotta, delle prime esperienze, senza risultare eccessivo o volutamente spinto, sa raccontare l'esperienza del primo amore senza per questo cadere nel sentimentalismo e sa raccontare anche le sofferenze del cuore quando questo sembra scivolare via, e tu rimani impotente a guardarlo.
Sa essere commovente perchè il dolore è reale, non se ne esce indenni ma si prova a tirare avanti lo stesso e perchè le scene di dolore collettivo, l'espressione della comunità in lutto (davvero molto forte e palpabile) riesce a portare, come nella vita vera, quel fondo di speranza che ci ha permesso di arrivare fin qui; e questa proviene dal tono lieve della narrazione, che non sminuisce però la portata tragica degli eventi. Semplicemente, permette che questi pesi diventino più leggeri, e che si posino sull'anima senza romperla.

Riprendendo un termine che ho usato poche righe più sopra, vorrei sottolineare anche la meravigliosa galleria di personaggi, la comunità appunto, di questo paese di collina/montagna che Benni sembra conoscere bene: ci si affeziona a tutti, nessuno escluso. In tutti ho onestamente ritrovato un tratto tipico del paesano, senza per questo ritenerle macchiette ad uso e consumo della storia. Ognuno ha le potenzialità per essere un personaggio vero e dignitoso, di cui ci vengono date solo alcune immagini, e ho apprezzato moltissimo questo particolare perchè rende tutta la narrazione più reale, più vicina al lettore, che crea così un legame tra sè e questo paese senza nome, come Saltatempo.

Inoltre viene trattata una tematica difficile, che è il '68 e tutto ciò che l'ha causato; tuttavia viene mostrato ed analizzato come scalino della crescita del protagonista e, per fortuna, non con fini moralizzatori (del genere "convertiamoci tutti all'ideologia sessantottina"), anzi. Sebbene sia assolutamente palese che l'autore ha delle simpatie ben radicate, probabilmente anche risalendo ad alcuni ricordi, io non vi ho trovato alcun accenno alla propaganda politica. Solo, come ho cercato di scrivere in questa recensione, il racconto di una storia.
Gli eventi presi in considerazione assumono così un gusto reale che li fa apprezzare di più a chi, come me, non era presente, e vengono anche usati per riprendere il motivo, già ampiamente presente nelle pagine dedicate al paese, che inizia a essere preso di mira da sfruttatori senza scrupoli, della decadenza dell'uomo: il passaggio, lento ma inesorabile in questi ultimi anni, dal bosco col suo ritmo dolce all'ingiustizia dello sfruttamento becero e frenetico, teso con tutte le sue forze verso il denaro, questo dio davvero sporco che si contrappone agli dèi di Saltatempo: anche loro sporchi, come ho scritto prima, ma di terra buona e muschio.

Saltatempo mi ha lasciato tanti pensieri su cui riflettere, una bella storia, emozioni intense e un personaggio che penso non sia possibile dimenticare. Cosa si può chiedere di più, da una storia? ( )
  Dasly | Feb 18, 2014 |
VOTO: 9,3

Un po' ironico, un po' triste, un po' satirico. E un po' autobiografico?

Tutto il romanzo sembra comunque avvolto da un velo di malinconia e di speranza e il protagonista è uno di quei protagonisti che non riesco a non apprezzare.

Questo tipo di romanzi (includo anche Norwegian Wood) in cui si sceglie un protagonista e ne si racconta la vita (e attraverso essa si analizzano i fatti storici) mi piace! Strano, fino a qualche tempo fa non l'avrei mai creduto possibile. E non lo credo possibile neanche adesso. Infatti credo che la mia frase sia sbagliata ma non so come spiegarmi quindi la lascio alla vostra interpretazione.

Credo comunque che sia merito dell'autore! Complimenti Mr. Benni (e Mr. Murakami, visto che prima ho citato NW)!
_____________________________________________________________

Commento dopo la rilettura:

Confermo tutto quello che avevo già detto.

Col senno di molti libri di Benni poi, dico che i Celestini sono al primo posto *_*
Elianto, Saltatempo e la Grammatica seguono subito dopo *_* ( )
  Malla-kun | Sep 22, 2012 |
benni ritorna a scrivere in mod irresistibile come nei primi libri ( )
  permario | Nov 7, 2009 |
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