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Opere di Sigmund Freud, vol. 1: Studi sull'isteria e altri scritti (1886‒1895)

par Sigmund Freud

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Ci sono domande ricorrenti che gli esperti o anche i semplici appassionati di psicoanalisi si sentono rivolgere spesso. Sono domande esplorative che potremmo chiamare ermeneutiche. Dove comincio se voglio avvicinarmi alle opere di Freud? Come affronto un edificio dottrinario tanto complesso? C'è un libro elettivo per iniziare? Qual è il saggio che mi può dare una visione d'insieme, senza troppo studiare, senza troppo cercare? Sono domande legittime che esprimono un desiderio e un timore. Il desiderio è quello di far propri i rudimenti di una disciplina che il comune sentire ritiene ormai indispensabile. Il timore, mascherato da cautela culturale, è probabilmente quello di sempre. Che ne sarà di me se vado a toccare le mie zone più nascoste? Sopporterò la conoscenza di me stesso?

Se la voglia di sapere supera la diffidenza (peraltro mal centrata, perché non sarà mai la conoscenza intellettuale a intaccare le difese), il potenziale lettore freudiano ha ragione a disorientarsi. La mole degli scritti di Sigmund Freud, che si dipana nei 13 splendidi volumi curati a suo tempo per Boringhieri da Cesare Musatti, non fornisce un bandolo per orientarsi. Chi non ha avuto l'opportunità di avvicinarla sitematicamente, magari attraverso quella cadenza regolare che negli anni Settanta ha mandato in libreria circa un volume all'anno, deve pur cominciare da qualche parte. Potrebbe leggere un caso clinico, come quello letterariamente superbo di 'Dora', ma ne trarrebbe un'idea primitiva di un metodo e di una terapia ancora alla ricerca di sé. Potrebbe immergersi nel fascino di una delle opere della maturità, come 'Il disagio della civiltà', ma è difficile capire davvero quel grande testo del disincanto senza una base e un lessico di riferimento.

Meglio allora un'antologia, specie se guidata con mano ferma da un profondo conoscitore del pensiero freudiano come Michele Ranchetti, che affronti cronologicamente e con una selezione intenzionale il percorso teorico di quel grande innovatore, nato esattamente 150 anni fa, e della cui lezione l'uomo contemporaneo, occupato a dar briglia sciolta alle proprie peggiori pulsioni, sembra essersi dimenticato. I due volumi di 'Opere scelte' pubblicati da Bollati Boringhieri che 'L'espresso' diffonde proprio in occasione di questo anniversario, possono così avere la funzione di accompagnare i nuovi lettori alla conoscenza di un grande edificio dottrinario, ma anche di ricordare a molti altri che quelle credenze accese per cui pensano di battersi, trovano la loro origine, nell'individuo come nella società, in conflitti e sensi di colpa inconsci che si traducono in aggressività distruttiva.

Con a disposizione più di mille pagine, Ranchetti fa la scelta, diciamo così didattica, ispirata dallo stesso metodo freudiano, che è quello di "precisare, approfondire, chiarificare, rendere intellegibile pure agli occhi dei profani" le scoperte della psicoanalisi, in un vero e proprio 'work in progress' che rivisita continuamente se stesso. Per i testi di teoria e tecnica si parte dalle 'Cinque conferenze sulla psicoanalisi' del 1909, redatte con grande attenzione divulgativa perché destinate al pubblico americano, allora tanto vergine alla nuova disciplina da ispirare a Freud la celebre frase sussurata a Jung all'arrivo della nave a New York: "Non sanno che stiamo portando loro la peste". E si arriva al più complesso 'Compendio di psicoanalisi' del 1938, dove, nell'anno che precede la morte, Freud consegna ai posteri la sistematizzazione teorica del lavoro di una vita.

In mezzo decenni di ricerca, qui ben documentati da decine di scritti e illuminati da quegli imperdibili saggi di cosidetta psicoanalisi applicata, come 'Psicologia delle masse e analisi dell'io' del 1921, per niente invecchiato nel suo disvelamento dei processi di identificazione collettiva. Come 'L'avvenire di un illusione', in cui la religione, definita "nevrosi ossessiva universale dell'umanità", viene messa in contrapposizione alla psicoanalisi: di fronte alla paura in cui l'uomo si smarrisce, l'una costruisce illusioni, l'altra le dissolve. O come, appunto, il più estensivo 'Il disagio della civiltà'. È in questi lavori che il Freud scrittore, grande letterato con un uso sapiente della narrazione, raggiunge il massimo del suo fascino.

Utile anche la scelta di dedicare un intero al volume al sogno, con la proposta integrale de 'L'interpetazione dei sogni', indiscusso saggio di fondazione più celebrato che letto. Va infatti avvertito il lettore profano che non si tratta di una guida all'interprezione in pillole, ma di un grande apparato di riferimento teorico e clinico in cui c'è, sì, l'autoanalisi dello stesso Freud con il racconto dei sogni che gli hanno indicato la strada dell'inconscio, ma c'è soprattutto la summa continuamente riaggiornata della sua teoria del processo onirico. Chi ha fretta, potrà leggere il più accessibile e limpido 'Il sogno', senza perdere la distinzione tra significato latente e manifesto o la conoscenza dei meccanismi di condensazione e spostamento. Ma chi ha voglia e passione, si immerga nel 'Perturbante' (1919), fascinoso scritto che ci fa sentire il brivido della paura senza nome, tante volte evocato dalla letteratura, tante volte subito dall'esperienza, e che ci regala qualche spiegazione di una delle esperienze umane più diffuse e annichilenti: quella dell'angoscia.

Dopo la lettura dei testi, e non prima come è d'uso, andrebbe forse gustata la densa introduzione di Ranchetti. Sarà più interessante seguirlo nella desolata analisi di una modernità che pensa di fare a meno della psicoanalisi, la attacca come una delle ideologie totalitarie del Novecento, si priva di uno strumento formidabile di conoscenza. I motivi del nuovo rigetto sono in parte simili a quelli che hanno costellato l'affermarsi della psicoanalisi: la paura del dominio della libido, l'orrore della voragine interna e la perdita delle certezze esterne. Ma ce n'è uno più nuovo e suggestivo: la consapevolezza che nemmeno la psicoanalisi 'guarisce' davvero. Freud l'ha sempre detto, ma l'uomo ha fatto finta di non crederci. Oggi invece sa che la conoscenza di sé, ottenuta attraverso la fatica di lunghe terapie, non garantisce né la salute né la salvezza, ma soltanto, scrive lo studioso "la consapevolezza delle trame che all'interno del singolo si sono costruite per poi dissolversi nel riconoscimento di esse".
Può sembrare poco a chi affida se stesso alla falsa calma dell'inconsapevolezza o al potere di frettolose pillole liberatorie. È molto per quanti hanno saputo accettare la perdita della più grande delle illusioni umane: quella di essere padroni di se stessi.

Piacere e realtà

Inizia con 'Cinque conferenze sulla psicoanalisi' (1909), tenute da Freud alla Clark University, il primo dei due volumi degli scritti di Sigmund Freud, in edicola con 'L'espresso' la settimana prossima. Un'iniziativa rivolta al pubblico che vuole conoscere i più importanti testi del padre della psicoanalisi e l'uomo che cambiò il nostro rapporto con l'immaginario, con i sogni, con il sesso, con la famiglia. Tra gli altri saggi del primo volume: 'Precisazioni sui due princìpi dell'accadere psichico' (1911), dove Freud spiega cosa sono il principio del piacere e il principio di realtà. E i fondamentali per la comprensione del mondo che ci circonda 'L'avvenire di un'illusione' (1927) e 'Il disagio della civiltà' (1929). Il prezzo del volume è di 9,90 euro più 'L'espresso'. ( )
  MareMagnum | May 19, 2006 |
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