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Particularly Cats par Doris Lessing
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Particularly Cats (édition 2000)

par Doris Lessing

MembresCritiquesPopularitéÉvaluation moyenneMentions
336577,131 (3.73)15
Unmistakably Lessing, this book insinuates itself into the imagination with the skill and grace of a cat, a brilliant evocation of feline existence… With her intensely visual imagination and cool, precise eye, Doris Lessing comes nearer than any writer to understanding the elusive nature of cats, whether they are half-wild beasts on an African farm or the domesticated creatures who share her life in London. "Grey Cat strolls around the bed at night, choosing her favoured place, in the angle behind my knees or against the curve of my foot. She licks my face delicately, then settles down. In the morning when she wishes me to wake, she crouches on my chest and pats my face with her paw. If I am on my side, she crouches, looking into my face. Soft, soft touches of her paw…" "The author tells her story straight and simply, with none of those anthropomorphic touches that make you want to throw a can of tuna at people…"HARPERS & QUEEN "An unsentimental and unwhimsical, but not unpartisan, study of cat-and-human relationships. An entertaining read for both cat and Lessing connoisseurs"STEVIE SMITH, 'Observer' '"Particularly Cats' is not really about cats at all, it's about real characters"VIRGINIA IRONSIDE, 'Daily Mail' "A natural! Shows us the hidden world behind the bright eyes of every cat"LIBRARY JOURNAL… (plus d'informations)
Membre:geronimo819
Titre:Particularly Cats
Auteurs:Doris Lessing
Info:Burford Books (2000), Paperback, 160 pages
Collections:Votre bibliothèque
Évaluation:
Mots-clés:Aucun

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Particularly Cats par Doris Lessing

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“Quando guardo un cucciolo giocare con una pallina, un tappo di sughero o un pezzo di carta mi rendo conto di assistere a uno spettacolo divino. Sono agnostico, per non dire ateo, ma il corpo di un piccolo felino impegnato a saltare, correre, rotolarsi nell’erba, arrampicarsi su un albero o semplicemente a sbadigliare o a lavarsi è talmente bello e affascinante da suscitare in me il sospetto che Dio possa esistere, perché soltanto un dio è in grado di progettare un essere così incantevole”.

Non è mio questo elogio del micio. Non dico chi l’ha scritto, conta quello che ha detto di questo misterioso animale. La foto che vedete a corredo di questo post è mia. L’ho scattata mentre il micio dormiva sull’auto del suo padrone. Sono sicuro che stava sognando. Dopo il racconto che sto per farvi, vi dirò perchè sono sicuro che i gatti sognano. Ma leggete prima questo post, che poi tanto “racconto” non è. Il fatto, nella sua essenza, è realmente accaduto. I personaggi e l’ambiente sono veri.
C’era una volta (ma esiste ancora!) in un piccolo villaggio di montagna, a poca distanza dal mare, un parroco che aveva la passione per i gatti. Non ne aveva uno o due, bensì decine e decine. Nello spazio antistante la chiesa e la canonica, nei momenti in cui i felini sapevano che era l’ora del pasto, se ne potevano contare anche una trentina e più.

Bianchi, neri, grigi, maschi o femmine, piccoli e grandi, erano liberi di ritrovarsi ed intrattenersi in quel grande piazzale al centro del quale si ergevano due alberi, due tigli. Quegli alti alberi e le aiuole circostanti costituivano il loro naturale “habitat” in cui trascorrevano il loro tempo. Distesi al sole d’estate a dormire o fare le fusa, a rincorrersi l’un l’altro, arrampicandosi su per i rami di quegli alberi che salivano col loro fusto dritti verso il cielo.

Di ramo in ramo spesso riuscivano anche ad acchiappare qualche ingenuo passerotto che si trovava a passare da quelle parti. Veloci come felini della foresta si arrampicavano in verticale, avvalendosi delle loro affilate unghie che affondavano nella corteccia dell’albero. A seconda delle stagioni e dei momenti della giornata, era uno spettacolo osservare gli animali in questo ambiente.

Il parroco sapeva indicarli uno per uno. Aveva dato loro un nome, scegliendo un colore, un comportamento, un episodio che poteva caratterizzarli. Raccontava e ricordava i fatti della loro esistenza. Di come erano nati, chi fossero i loro genitori, come si erano accoppiati. Poteva dire perché qualcuno aveva un difetto, chi era abile o meno abile, buono o cattivo, triste o felice.

Sapeva chi doveva aiutare a mangiare, chi difendere dall’aggressività e dagli attacchi dei compagni. Conosceva i loro gusti e aveva cura a dire ai suoi parrocchiani che portavano loro da mangiare di evitare alcuni cibi o cotture che potessero nuocere.

La fruizione del cibo spesso creava delle difficoltà in quanto i gatti entravano in conflitto con i loro naturali e tradizionali nemici: i cani. Questi ultimi, anch’essi presenti numerosi in questo territorio, il più delle volte entravano nel recinto antistante la chiesa e cercavano di impossessarsi del cibo.
La facevano da padroni e avevano quasi sempre la meglio sui gatti. Il Parroco, quando poteva, interveniva a difenderli. Spesso aveva accese discussioni con i suoi parrocchiani se individuava chi era il proprietario. A sera, tutti i gatti riuscivano a trovare rifugio e riparo da qualche parte.

Il “don” aveva allestito per loro opportuni angoli e spazi che potessero essere usati come rifugio dai suoi amati felini. Come d’incanto sparivano e con il calare dell’oscurità, era difficile vederne qualcuno in giro.

Ogni qualvolta si apriva la porta di ingresso alla canonica, il prete prestava attenzione a non far entrare i suoi protetti. Gli stessi si dovevano tenere lontani dall’entrare in chiesa durante le celebrazioni. Soltanto uno di loro, al quale il prete aveva dato il nome di Nerino, poteva liberamente accedere in canonica. Al calar della sera, d’estate, liberamente poteva accedere alla stanza dove il “don” aveva la TV.

Sostava sulla scrivania e aspettava il suo padrone. Quando arrivava si stendeva sulla sua pancia e insieme guardavano i programmi. Nelle lunghe notti d’inverno, al tepore del fuoco del camino, Nerino sonnecchiava e il “don” preparava il sermone per la domenica. All’ora di andare a letto, salivano al piano di sopra. Nerino dormiva ai piedi del letto. Era sempre lui a svegliare il suo padrone al mattino e chiedere di uscire.

L’estate scorsa qualcosa di terribile accadde. Il parroco dovette assentarsi dalla parrocchia per qualche giorno. Lasciò la sua Perpetua a cura sia della casa che della canonica. Lei sapeva cosa fare. Un pomeriggio si allontanò per fare una passeggiata in compagnia di una sua amica. Al ritorno, una sgradevole sorpresa l’attendeva. Un bellissimo cane pastore di nome Gringo aveva ucciso Nerino durante una disputa per il cibo.

La povera donna fu presa dalla costernazione ben sapendo cosa sarebbe successo al ritorno del parroco. Insieme all’amica decisero di non dire nulla. Quando il “don” ritornò, fu accolto dai suoi amici i quali, come al solito, si affollarono subito intorno alla sua auto facendogli festa.
Il prete notò l’assenza di Nerino, ma non ci diede peso. I gatti sempre gatti sono, pensò. A sera, dopo avere dato la tradizionale cena ai suoi amici, notò ancora l’assenza di Nerino.

Chiese alla Perpetua se l’avesse visto. Lei disse di no. Forse si era allontanato, perché in … amore, soggiunse con ironia. Il parroco stette in silenzio per tutta la serata, pensoso e malinconico. Passarono un paio di giorni e Nerino non si fece vivo.

Un venerdì sera, alla porta della canonica suonò Pietro il macellaio. Portava come al solito le frattaglie di carne per i gatti. La prima cosa che disse al “don” fu: “Mi dispiace per Nerino”.
Il prete capì subito quello che non avrebbe mai voluto sapere. Il macellaio gli riferì quanto era accaduto tra il cane Gringo ed il gatto Nerino. Nella disputa per il cibo, il gatto aveva avuto la peggio.
Il cane l’aveva preso alla gola, uccidendolo all’istante. Il parroco stette immobile per qualche momento. Guardò negli occhi il buon Pietro. Lo lasciò sul posto e corse verso la porta che comunicava con la chiesa.

Attraversò la navata a passi veloci. Andò dietro l’altare maggiore, afferrò il microfono, accese l’apparecchio elettronico usato per diffondere la voce tramite gli altoparlanti dentro e fuori della chiesa e cominciò a lanciare imprecazioni di tutti i tipi contro chi aveva fatto accadere una cosa del genere. Tuoni e fulmini contro tutti, parrocchiani credenti e non credenti. Sembrava don Camillo, in uno dei tanti film con Peppone, quando si infuriava.

Contro chi non teneva i cani al guinzaglio, contro chi non amava gli animali figli di Dio. Contro la loro insensibilità verso le creature del Creato. Minacciava ed ordinava che gli portassero subito il corpo del povero Nerino. La voce alterata, oltre che risuonare all’interno della chiesa, rimbombava all’esterno e si amplificava nella valle, percorrendo con le ombre della sera le strade del piccolo villaggio.

Di casa in casa la sua voce rimbalzava nelle orecchie degli stupefatti abitanti. Seguì anche un terribile e disarmonico scampanare di campane. Poi cadde il silenzio. Pietro rimase ancora immobile per qualche minuto, impalato sull’uscio della porta della canonica. Poi, quando si riprese dallo sconcerto, andò verso il suo triciclo e si allontanò furtivamente.

Le urla del “don”, le sue imprecazioni e la richiesta di restituire il corpo del micio arrivarono anche alle orecchie di chi doveva sentire. La padrona di Gringo. Il giorno dopo, di prima mattina, andò a dissotterrare Nerino. Mise quel che restava di lui in una busta di plastica e furtivamente la depose davanti alla porta della canonica. Suonò il campanello e sgaiattolò via senza aspettare che il parroco aprisse la porta.

Nessuno sa poi spiegare cosa accadde. Cosa se ne fece di quei poveri resti l’infuriato parroco, né tanto meno perché la domenica successiva celebrò la messa domenicale senza pronunciare la consueta omelia. La cerimonia scivolò verso la fine silenziosa e malinconica, in un’atmosfera quanto mai pesante piena di tensione e di interrogativi.

Se ne accorse anche Flic, il cane di Aurora che il “don” non fece entrare in chiesa, vietandogli così di accucciarsi in silenzioso e religioso rispetto sotto la panca dove sedeva la sua padrona. Erano anni che gli permetteva fare una cosa del genere. Flic ascoltava la messa senza creare alcun problema, come un corretto, fedele credente. Quel giorno gli fu negato l’accesso. Sembrò che tutti sapessero perché. Lui che sapeva di non avere colpe, obbediente rimase alla porta durante la cerimonia.

La storia potrebbe avere fine a questo punto. Ed invece, no. Qualche mese dopo si seppe che Gringo, il bellissimo cane pastore che aveva sgozzato Nerino, era improvvisamente morto. Il veterinario aveva accertato un male che lo aveva stroncato. La domenica successiva il parroco diede di nuovo il permesso a Flic di assistere alla messa ai piedi della sua padrona, sotto la panca dove lei era seduta.

----

I gatti sognano? Se hai mai visto il tuo gatto contrarsi, chiacchierare o muovere le zampe mentre dorme, potresti esserti chiesto se sta sognando. La risposta è si. I gatti sognano. Mentre sappiamo che gli esseri umani sognano regolarmente durante il sonno, per molti anni non è stato chiaro se gli animali sognassero. Quindi gli scienziati hanno monitorato il cervello dei ratti mentre erano svegli e svolgevano compiti come correre sui binari per il cibo.

Hanno quindi confrontato l’attività cerebrale dei ratti durante il sonno e hanno scoperto esattamente gli stessi schemi mostrati dai ratti durante l’esecuzione dei loro compiti. Ciò indicava che i topi stavano davvero sognando. In effetti è probabile che tutti i mammiferi sognino. Ma perché sogniamo, umani ed animali?

Comprendere il sogno aiuta a comprendere il processo del sonno. Il sonno è uno stato naturale caratterizzato da una ridotta coscienza e dalla riduzione o cessazione dell’attività muscolare sensoriale e volontaria. In altre parole, non mangi, annusi o cammini durante il sonno. Non sappiamo ancora il motivo per cui il sonno è così importante per gli animali, ma sembra che aiuti la crescita e la riparazione dei nostri sistemi corporei. Durante il sonno il cervello sembra anche elaborare le informazioni acquisite e le esperienze che si sono verificate durante il giorno.

Ci sono due tipi principali di sonno: il sonno con movimenti oculari rapidi (REM) e il sonno con movimenti oculari non rapidi (non REM). Durante il sonno REM, come suggerisce il nome, gli occhi del sognatore si muovono rapidamente e casualmente e la loro attività cerebrale rispecchia quella dell’animale quando è sveglio.

Mentre il sognatore può sembrare piuttosto attivo durante questa fase del sonno, è molto difficile svegliarsi. Il sogno si verifica principalmente durante questa fase REM del sonno. Gli animali giovani trascorrono più tempo nel sonno dei sogni rispetto a quelli più grandi, probabilmente a causa della necessità di elaborare nuove informazioni.

Allora, cosa stanno sognando i nostri amici pelosi? Cena? Salendo le tende? Giocare con i loro proprietari? Probabilmente tutto quanto sopra. Tutto ciò che fa il tuo gatto durante il giorno viene elaborato mentre dorme e rivissuto nel sogno. Così i baffi tremanti, il piagnucolio e le zampe che corrono che comunemente osserviamo.

Il sogno è il tentativo dell’animale di comprendere le informazioni che vengono elaborate nel cervello. Quindi i neuroni si stanno attivando e il nostro cervello costruisce una trama adatta. Naturalmente, proprio come gli umani, i sogni degli animali potrebbero non essere sempre piacevoli o basati su esperienze realistiche.Gli incubi e i sogni più insoliti possono essere il nostro modo per determinare i modi ottimali di comportarsi se quell’esperienza dovesse sorgere nelle nostre ore di veglia.
Non è probabile che i gatti si preoccupino di sostenere gli esami o di trovarsi nudi in pubblico, sogni spiacevoli che spesso gli umani sperimentano!

Invece è probabile che i sogni dei nostri gatti siano pieni di inseguire giocattoli, trovare un grembo per sonnecchiare o scoprire modi per convincere i proprietari a dar loro da mangiare di nuovo! Una vita da sogno per un gatto. Ed anche capita agli “umani”.

( )
  AntonioGallo | Mar 15, 2022 |
“Quando guardo un cucciolo giocare con una pallina, un tappo di sughero o un pezzo di carta mi rendo conto di assistere a uno spettacolo divino. Sono agnostico, per non dire ateo, ma il corpo di un piccolo felino impegnato a saltare, correre, rotolarsi nell’erba, arrampicarsi su un albero o semplicemente a sbadigliare o a lavarsi è talmente bello e affascinante da suscitare in me il sospetto che Dio possa esistere, perché soltanto un dio è in grado di progettare un essere così incantevole”.

Non è mio questo elogio del micio. Non dico chi l’ha scritto, conta quello che ha detto di questo misterioso animale. La foto che vedete a corredo di questo post è mia. L’ho scattata mentre il micio dormiva sull’auto del suo padrone. Sono sicuro che stava sognando. Dopo il racconto che sto per farvi, vi dirò perchè sono sicuro che i gatti sognano. Ma leggete prima questo post, che poi tanto “racconto” non è. Il fatto, nella sua essenza, è realmente accaduto. I personaggi e l’ambiente sono veri.
C’era una volta (ma esiste ancora!) in un piccolo villaggio di montagna, a poca distanza dal mare, un parroco che aveva la passione per i gatti. Non ne aveva uno o due, bensì decine e decine. Nello spazio antistante la chiesa e la canonica, nei momenti in cui i felini sapevano che era l’ora del pasto, se ne potevano contare anche una trentina e più.

Bianchi, neri, grigi, maschi o femmine, piccoli e grandi, erano liberi di ritrovarsi ed intrattenersi in quel grande piazzale al centro del quale si ergevano due alberi, due tigli. Quegli alti alberi e le aiuole circostanti costituivano il loro naturale “habitat” in cui trascorrevano il loro tempo. Distesi al sole d’estate a dormire o fare le fusa, a rincorrersi l’un l’altro, arrampicandosi su per i rami di quegli alberi che salivano col loro fusto dritti verso il cielo.

Di ramo in ramo spesso riuscivano anche ad acchiappare qualche ingenuo passerotto che si trovava a passare da quelle parti. Veloci come felini della foresta si arrampicavano in verticale, avvalendosi delle loro affilate unghie che affondavano nella corteccia dell’albero. A seconda delle stagioni e dei momenti della giornata, era uno spettacolo osservare gli animali in questo ambiente.

Il parroco sapeva indicarli uno per uno. Aveva dato loro un nome, scegliendo un colore, un comportamento, un episodio che poteva caratterizzarli. Raccontava e ricordava i fatti della loro esistenza. Di come erano nati, chi fossero i loro genitori, come si erano accoppiati. Poteva dire perché qualcuno aveva un difetto, chi era abile o meno abile, buono o cattivo, triste o felice.

Sapeva chi doveva aiutare a mangiare, chi difendere dall’aggressività e dagli attacchi dei compagni. Conosceva i loro gusti e aveva cura a dire ai suoi parrocchiani che portavano loro da mangiare di evitare alcuni cibi o cotture che potessero nuocere.

La fruizione del cibo spesso creava delle difficoltà in quanto i gatti entravano in conflitto con i loro naturali e tradizionali nemici: i cani. Questi ultimi, anch’essi presenti numerosi in questo territorio, il più delle volte entravano nel recinto antistante la chiesa e cercavano di impossessarsi del cibo.
La facevano da padroni e avevano quasi sempre la meglio sui gatti. Il Parroco, quando poteva, interveniva a difenderli. Spesso aveva accese discussioni con i suoi parrocchiani se individuava chi era il proprietario. A sera, tutti i gatti riuscivano a trovare rifugio e riparo da qualche parte.

Il “don” aveva allestito per loro opportuni angoli e spazi che potessero essere usati come rifugio dai suoi amati felini. Come d’incanto sparivano e con il calare dell’oscurità, era difficile vederne qualcuno in giro.

Ogni qualvolta si apriva la porta di ingresso alla canonica, il prete prestava attenzione a non far entrare i suoi protetti. Gli stessi si dovevano tenere lontani dall’entrare in chiesa durante le celebrazioni. Soltanto uno di loro, al quale il prete aveva dato il nome di Nerino, poteva liberamente accedere in canonica. Al calar della sera, d’estate, liberamente poteva accedere alla stanza dove il “don” aveva la TV.

Sostava sulla scrivania e aspettava il suo padrone. Quando arrivava si stendeva sulla sua pancia e insieme guardavano i programmi. Nelle lunghe notti d’inverno, al tepore del fuoco del camino, Nerino sonnecchiava e il “don” preparava il sermone per la domenica. All’ora di andare a letto, salivano al piano di sopra. Nerino dormiva ai piedi del letto. Era sempre lui a svegliare il suo padrone al mattino e chiedere di uscire.

L’estate scorsa qualcosa di terribile accadde. Il parroco dovette assentarsi dalla parrocchia per qualche giorno. Lasciò la sua Perpetua a cura sia della casa che della canonica. Lei sapeva cosa fare. Un pomeriggio si allontanò per fare una passeggiata in compagnia di una sua amica. Al ritorno, una sgradevole sorpresa l’attendeva. Un bellissimo cane pastore di nome Gringo aveva ucciso Nerino durante una disputa per il cibo.

La povera donna fu presa dalla costernazione ben sapendo cosa sarebbe successo al ritorno del parroco. Insieme all’amica decisero di non dire nulla. Quando il “don” ritornò, fu accolto dai suoi amici i quali, come al solito, si affollarono subito intorno alla sua auto facendogli festa.
Il prete notò l’assenza di Nerino, ma non ci diede peso. I gatti sempre gatti sono, pensò. A sera, dopo avere dato la tradizionale cena ai suoi amici, notò ancora l’assenza di Nerino.

Chiese alla Perpetua se l’avesse visto. Lei disse di no. Forse si era allontanato, perché in … amore, soggiunse con ironia. Il parroco stette in silenzio per tutta la serata, pensoso e malinconico. Passarono un paio di giorni e Nerino non si fece vivo.

Un venerdì sera, alla porta della canonica suonò Pietro il macellaio. Portava come al solito le frattaglie di carne per i gatti. La prima cosa che disse al “don” fu: “Mi dispiace per Nerino”.
Il prete capì subito quello che non avrebbe mai voluto sapere. Il macellaio gli riferì quanto era accaduto tra il cane Gringo ed il gatto Nerino. Nella disputa per il cibo, il gatto aveva avuto la peggio.
Il cane l’aveva preso alla gola, uccidendolo all’istante. Il parroco stette immobile per qualche momento. Guardò negli occhi il buon Pietro. Lo lasciò sul posto e corse verso la porta che comunicava con la chiesa.

Attraversò la navata a passi veloci. Andò dietro l’altare maggiore, afferrò il microfono, accese l’apparecchio elettronico usato per diffondere la voce tramite gli altoparlanti dentro e fuori della chiesa e cominciò a lanciare imprecazioni di tutti i tipi contro chi aveva fatto accadere una cosa del genere. Tuoni e fulmini contro tutti, parrocchiani credenti e non credenti. Sembrava don Camillo, in uno dei tanti film con Peppone, quando si infuriava.

Contro chi non teneva i cani al guinzaglio, contro chi non amava gli animali figli di Dio. Contro la loro insensibilità verso le creature del Creato. Minacciava ed ordinava che gli portassero subito il corpo del povero Nerino. La voce alterata, oltre che risuonare all’interno della chiesa, rimbombava all’esterno e si amplificava nella valle, percorrendo con le ombre della sera le strade del piccolo villaggio.

Di casa in casa la sua voce rimbalzava nelle orecchie degli stupefatti abitanti. Seguì anche un terribile e disarmonico scampanare di campane. Poi cadde il silenzio. Pietro rimase ancora immobile per qualche minuto, impalato sull’uscio della porta della canonica. Poi, quando si riprese dallo sconcerto, andò verso il suo triciclo e si allontanò furtivamente.

Le urla del “don”, le sue imprecazioni e la richiesta di restituire il corpo del micio arrivarono anche alle orecchie di chi doveva sentire. La padrona di Gringo. Il giorno dopo, di prima mattina, andò a dissotterrare Nerino. Mise quel che restava di lui in una busta di plastica e furtivamente la depose davanti alla porta della canonica. Suonò il campanello e sgaiattolò via senza aspettare che il parroco aprisse la porta.

Nessuno sa poi spiegare cosa accadde. Cosa se ne fece di quei poveri resti l’infuriato parroco, né tanto meno perché la domenica successiva celebrò la messa domenicale senza pronunciare la consueta omelia. La cerimonia scivolò verso la fine silenziosa e malinconica, in un’atmosfera quanto mai pesante piena di tensione e di interrogativi.

Se ne accorse anche Flic, il cane di Aurora che il “don” non fece entrare in chiesa, vietandogli così di accucciarsi in silenzioso e religioso rispetto sotto la panca dove sedeva la sua padrona. Erano anni che gli permetteva fare una cosa del genere. Flic ascoltava la messa senza creare alcun problema, come un corretto, fedele credente. Quel giorno gli fu negato l’accesso. Sembrò che tutti sapessero perché. Lui che sapeva di non avere colpe, obbediente rimase alla porta durante la cerimonia.

La storia potrebbe avere fine a questo punto. Ed invece, no. Qualche mese dopo si seppe che Gringo, il bellissimo cane pastore che aveva sgozzato Nerino, era improvvisamente morto. Il veterinario aveva accertato un male che lo aveva stroncato. La domenica successiva il parroco diede di nuovo il permesso a Flic di assistere alla messa ai piedi della sua padrona, sotto la panca dove lei era seduta.

----

I gatti sognano? Se hai mai visto il tuo gatto contrarsi, chiacchierare o muovere le zampe mentre dorme, potresti esserti chiesto se sta sognando. La risposta è si. I gatti sognano. Mentre sappiamo che gli esseri umani sognano regolarmente durante il sonno, per molti anni non è stato chiaro se gli animali sognassero. Quindi gli scienziati hanno monitorato il cervello dei ratti mentre erano svegli e svolgevano compiti come correre sui binari per il cibo.

Hanno quindi confrontato l’attività cerebrale dei ratti durante il sonno e hanno scoperto esattamente gli stessi schemi mostrati dai ratti durante l’esecuzione dei loro compiti. Ciò indicava che i topi stavano davvero sognando. In effetti è probabile che tutti i mammiferi sognino. Ma perché sogniamo, umani ed animali?

Comprendere il sogno aiuta a comprendere il processo del sonno. Il sonno è uno stato naturale caratterizzato da una ridotta coscienza e dalla riduzione o cessazione dell’attività muscolare sensoriale e volontaria. In altre parole, non mangi, annusi o cammini durante il sonno. Non sappiamo ancora il motivo per cui il sonno è così importante per gli animali, ma sembra che aiuti la crescita e la riparazione dei nostri sistemi corporei. Durante il sonno il cervello sembra anche elaborare le informazioni acquisite e le esperienze che si sono verificate durante il giorno.

Ci sono due tipi principali di sonno: il sonno con movimenti oculari rapidi (REM) e il sonno con movimenti oculari non rapidi (non REM). Durante il sonno REM, come suggerisce il nome, gli occhi del sognatore si muovono rapidamente e casualmente e la loro attività cerebrale rispecchia quella dell’animale quando è sveglio.

Mentre il sognatore può sembrare piuttosto attivo durante questa fase del sonno, è molto difficile svegliarsi. Il sogno si verifica principalmente durante questa fase REM del sonno. Gli animali giovani trascorrono più tempo nel sonno dei sogni rispetto a quelli più grandi, probabilmente a causa della necessità di elaborare nuove informazioni.

Allora, cosa stanno sognando i nostri amici pelosi? Cena? Salendo le tende? Giocare con i loro proprietari? Probabilmente tutto quanto sopra. Tutto ciò che fa il tuo gatto durante il giorno viene elaborato mentre dorme e rivissuto nel sogno. Così i baffi tremanti, il piagnucolio e le zampe che corrono che comunemente osserviamo.

Il sogno è il tentativo dell’animale di comprendere le informazioni che vengono elaborate nel cervello. Quindi i neuroni si stanno attivando e il nostro cervello costruisce una trama adatta. Naturalmente, proprio come gli umani, i sogni degli animali potrebbero non essere sempre piacevoli o basati su esperienze realistiche.Gli incubi e i sogni più insoliti possono essere il nostro modo per determinare i modi ottimali di comportarsi se quell’esperienza dovesse sorgere nelle nostre ore di veglia.
Non è probabile che i gatti si preoccupino di sostenere gli esami o di trovarsi nudi in pubblico, sogni spiacevoli che spesso gli umani sperimentano!

Invece è probabile che i sogni dei nostri gatti siano pieni di inseguire giocattoli, trovare un grembo per sonnecchiare o scoprire modi per convincere i proprietari a dar loro da mangiare di nuovo! Una vita da sogno per un gatto. Ed anche capita agli “umani”.

( )
  AntonioGallo | Mar 15, 2022 |
Dal punto di vista puramente professional/intellettuale, leggere di come Doris Lessing trattava i gatti mi ha fatto pensare a mia nonna. O meglio, a quella generazione contadina, per cui gatti vivevano in campagna/cascina e di cui ogni tanto "facevano sparire" i cuccioli. Non erano "Pets", ma forza lavoro acchiappatopi e giusto nel caso in cui non crescevano troppo selvatici, simpatica compagnia dei bambini. In parte, come cittadina trapiantata in campagna per l'estate, ho visto e vissuto anche io questo rapporto, anche se grazie al cielo senza fucili (sul serio, sparare in una cataste di legna con tua figlia che sbircia dall'altra parte?).

Però Doris ha fatto una cosa che ho apprezzato tantissimo: è stata brutalmente onesta. Nessun eufemismo, le cucciolate, gli adulti malati "li uccidi", non ci sono altri termini. Scrive in maniera evocativa e terribile, il crollo della madre, il suo rifiuto di occuparsi di limitare la popolazione della casa costringendovi il marito, mi è rimasto più impresso di tutto il resto. Il peso che questo comporta, anche quando "sono solo animali", lo stesso che sente Doris stessa quando anni dopo e cittadina londinese, toccherà a lei e si dovrà ubriacare per alleviare il senso di colpa.

I gatti che ha avuto li ha amati. Posso inorridire nel pensare al suo rapporto con la sterilizzazione (fatelo! Avete letto gli eccidi a cui la sovrappolazione ha portato, in questo stesso libro?), ma quando parla "della grigia" parla di una cara amica di cui si sopportavano pazientemente i difetti. Quando parla di Rufus, lo sfortunato gatto rosso, parla con l'affetto e il rimpianto di chi avrebbe voluto fare di più.

E mi ha fatto piangere. *

(* Sì, piango su libri, film, tutto. Fa solo bene!) ( )
  JaqJaq | Jan 7, 2022 |
Not what I thought it would be. For some odd reason got Doris Lessing mixed up with Dorothy Parker. Sorry.
  Cheryl_in_CC_NV | Jun 5, 2016 |
Started: Summer 2003

I had to give this one away, I can't bear to read anything that has animals who die and it seemed to be happening with alarming frequency in the first few pages.
  amyem58 | Jul 3, 2014 |
5 sur 5
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Nom de l'auteurRôleType d'auteurŒuvre ?Statut
Doris Lessingauteur principaltoutes les éditionscalculé
Banus, TudorIllustrateurauteur secondairequelques éditionsconfirmé
Saracino, Maria AntoniettaTraducteurauteur secondairequelques éditionsconfirmé
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To my daughter, Jean Wisdom, who enjoys living with cats.
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The house being on a hill, hawks, eagles, birds of prey that lay spiralling on air currents over the bush were often at eye level, sometimes below it.
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Also includes the essays "Rufus, the Survivor" and "The Old Age of El Magnifico"
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Unmistakably Lessing, this book insinuates itself into the imagination with the skill and grace of a cat, a brilliant evocation of feline existence… With her intensely visual imagination and cool, precise eye, Doris Lessing comes nearer than any writer to understanding the elusive nature of cats, whether they are half-wild beasts on an African farm or the domesticated creatures who share her life in London. "Grey Cat strolls around the bed at night, choosing her favoured place, in the angle behind my knees or against the curve of my foot. She licks my face delicately, then settles down. In the morning when she wishes me to wake, she crouches on my chest and pats my face with her paw. If I am on my side, she crouches, looking into my face. Soft, soft touches of her paw…" "The author tells her story straight and simply, with none of those anthropomorphic touches that make you want to throw a can of tuna at people…"HARPERS & QUEEN "An unsentimental and unwhimsical, but not unpartisan, study of cat-and-human relationships. An entertaining read for both cat and Lessing connoisseurs"STEVIE SMITH, 'Observer' '"Particularly Cats' is not really about cats at all, it's about real characters"VIRGINIA IRONSIDE, 'Daily Mail' "A natural! Shows us the hidden world behind the bright eyes of every cat"LIBRARY JOURNAL

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Résumé sous forme de haïku

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