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Œuvres de Magdi Allam

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Ho acquistato e letto questo libro perchè il titolo è azzeccato. E' scritto in maniera chiara e semplice e l'autore ci racconta come è venuto a contatto con la realtà italiana, come se ne innamorato. Giunge però all'amara conclusione che l'Italia non è amata dagli italiani, come dargli torto. Ora, ha colto nel segno, tuttavia c'è dell'ingenuo. Non sarà certo questo libro a far vcsenire l'amor di Patria ai duri e puri nostrani che "meglio chiunque purchè non sia l'Italia".
 
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Maistrack | 1 autre critique | May 28, 2016 |
A quasi due anni dagli attentati di quell'11 settembre che ha sconvolto gli Stati Uniti e il mondo intero, viene riproposto il saggio in cui il sociologo Magdi Allam, nato a Il Cairo ma da anni attivo in Italia, prende in esame l'islam radicale e militante presente in Italia. L'inchiesta condotta dall'autore si basa principalmente sull'incontro con ventisei esponenti islamici di primo piano e trova riscontro nelle più recenti indagini giudiziarie, nelle rivelazioni dei servizi segreti e nelle affermazioni che trapelano da Guantanamo, dovo sono detenuti i mujahidin catturati in Afghanistan. Il libro è stato pubblicato nel 2002 con il titolo "Bin Laden in Italia".… (plus d'informations)
 
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bblibri | Feb 28, 2016 |
"E' il racconto di una storia d'amore particolare che mi lega all'Italia" scrive Magdi Allam. "Iniziata sin dalla tenera età frequentando le scuole italiane al Cairo, sottoposta ad una cruciale verifica al mio arrivo a Roma nel 1972 per completare gli studi universitari, consolidatasi con la scelta personale di sposare un'italiana e mettere al mondo dei figli italiani, assurta a scelta di vita in età matura nella condivisione di un modo di essere, di un sistema di valori e di una civiltà che caratterizzano l'italianità." "In questi giorni vivo un trauma profondo, originato dalla constatazione di un orientamento diffuso tra gli italiani al relativismo culturale che li porta a farsi sottomettere all'arbitrio dei fanatici, al negazionismo che li induce a disconoscere se stessi e la propria civiltà, al nichilismo che li porta a mercanteggiare sulle proprie leggi e sui propri valori".

Questo "è il racconto di una storia d'amore particolare che mi lega all'Italia", ma "vivo un trauma profondo, originato dalla constatazione di un orientamento diffuso tra gli italiani al relativismo culturale, che li porta a farsi sottomettere all'arbitrio dei fanatici, al negazionismo che li induce a disconoscere se stessi e la propria civiltà, al nichilismo che li trascina a suicidarsi mercanteggiando sulle proprie leggi e svilendo i propri valori. Dunque, una storia d'amore per l'Italia, un amore genuino e appassionato che viene ferito dal sentimento, amaro e preoccupato, di resa e di tradimento degli italiani" (Magdi Allam). L'autore è vicedirettore ad personam del "Corriere della Sera". Si occupa in veste di editorialista e inviato speciale di immigrazione e integrazione, identità nazionale e democrazia, Islam e terrorismo. Laureato in Sociologia all'Università La Sapienza di Roma, si è specializzato nello studio delle comunità musulmane e dei mass media arabi.

L'Italia che non mi piace. Quella che si arrende Anticipiamo un brano del saggio «Io amo l’Italia. Ma gli italiani la amano?» di Magdi Allam, in libreria da martedì 6 giugno STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO
Oggi siamo tutti a rischio perché è venuto meno il valore fondante della nostra umanità, il valore della sacralità della vita. Nel mondo islamico il nichilismo è degenerato nel disconoscimento del diritto alla vita propria e altrui, al punto che assistiamo a dei terroristi suicidi- omicidi che si fanno esplodere addirittura dentro le moschee, nella certezza di conquistare il paradiso islamico massacrando dei fedeli musulmani che pregano il loro stesso Dio all'interno del luogo di culto di Dio. Ma, ahimè, abbiamo a che fare anche con un Occidente in preda al nichilismo e al relativismo culturale, la cui magistratura legittima questi terroristi suicidi-omicidi, i cui politici corteggiano gli estremisti islamici illudendosi che così facendo si calmeranno le acque e salveranno la pelle. Sì, è possibile che salveranno la pelle nel breve termine, ma è certo che perderanno tutto il resto, a cominciare dal diritto alla vita dei loro figli e dal bene della civiltà occidentale i cui valori sono un patrimonio dell'umanità.
La battaglia comune che ci attende, in Italia, in Occidente e nei Paesi musulmani, è essenzialmente una battaglia di idee affinché trionfino valori in grado di cementare una comune civiltà dell'uomo. Sono i valori del primato della vita, della centralità dell'individuo, del rispetto dei diritti fondamentali della persona. Che cosa ci impedisce oggi in Italia di affermare i nostri valori e la nostra identità? È solo la nostra incapacità o mancanza di volontà a risultare credibili, a far applicare le leggi e a far rispettare le istituzioni. Dobbiamo biasimare soltanto noi stessi. Sbagliano coloro che, per tenersi buoni gli estremisti islamici, per scongiurare che anche l'Italia possa essere oggetto di un attentato terroristico, finiscono per scendere a patti con loro, mercanteggiando sulle leggi dello Stato, legittimando dei fuorilegge. Mi sconcerta l'Italia che mette sullo stesso piano Bin Laden e Bush, l'attentato e la rappresaglia, il terrorismo e la guerra sferrata da chi si difende dal terrorismo.
Mi preoccupa l'Italia che manda i suoi militari e i suoi carabinieri in Iraq e poi sembra darli in pasto ai terroristi definendoli «forze di occupazione», ignorando che sono pienamente legittimati sul piano internazionale dalla risoluzione 1511 del 16 ottobre 2003, che l'Iraq è uno Stato pienamente sovrano sulla base della risoluzione 1546 dell'8 giugno 2004 e che il regime di occupazione è cessato dal 28 giugno 2004. Mi lascia perplesso l'Italia che guarda all'Onu come a un totem da venerare quando si tratta di condannare la «guerra illegale» in Iraq, dimenticando che anche gli interventi militari a cui ha partecipato in Bosnia nel 1995, in Kosovo nel 1999, a Beirut nel 1983 e nel Sinai nel 1981 sono avvenuti senza l'autorizzazione dell'Onu, eppure vengono considerati legittimi dalle forze politiche di destra e di sinistra. Mi indigna l'Italia che nobilita il terrorismo qualificandolo «resistenza», quasi gioendo per la lunga scia di sangue in Iraq perché sarebbe la prova della «guerra civile». Ma soprattutto provo orrore per l'Italia che è intollerante nei confronti di se stessa, della propria identità nazionale, dei propri valori.
L'Italia ammalata di intolleranza schizofrenica, che si tramuta in un omicidio- suicidio dell'anima prima ancora che del corpo. L'Italia che ripudia parte di sé, che usa la violenza verbale e fisica per aggredire se stessa, che esulta «dieci, cento, mille Nassiriya», che ha trasformato la festa della Liberazione nella giornata nella disunione nazionale, che innalza differenti vessilli partigiani ma quasi si vergogna di marciare unita all'insegna del tricolore. L'Italia che brucia le bandiere dell'America, che l'ha liberata, e di Israele figlia dell'Olocausto, che ha alimentato. L'Italia dell'islamicamente corretto che si fa in quattro per condannare le vignette su Maometto, ma tace sull'oltraggio a Gesù. L'Italia che deve ancora imparare ad amarsi, rispettarsi, fare il proprio bene. Noi vogliamo unire la nostra voce a quella del papa Benedetto XVI contro la «anticultura della morte» e la «cosificazione dell'uomo». Vogliamo dar corpo e forza al «Movimento per la vita e la libertà» che unisca cristiani, laici e musulmani di buonsenso nella battaglia per i valori umani universali. Diciamo no al relativismo culturale ed etico, no al negazionismo e al revisionismo storico, no al nichilismo valoriale e ideologico, no al multiculturalismo e all'assimilazionismo.
Diciamo sì alla sacralità della vita di tutti, sì al valore fondamentale della libertà, sì alla centralità della persona, sì a un'identità forte e condivisa.Io, che non sono cristiano, riconosco che la parabola di Gesù è la più adeguata a raffigurare la realtà odierna e il compito che ci attende. Nel Vangelo secondo Matteo si legge: «Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti coloro che vendevano e compravano nel tempio, rovesciando i tavoli dei cambiavalute e i banchi di quelli che vendevano le colombe. E disse loro: "Sta scritto: la mia casa sarà chiamata casa di preghiera, ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri"». Ecco: i templi dell'Occidente e dell'Islam sono stati trasformati in una spelonca di ladri e devono essere liberati da coloro che per ignoranza, ingenuità, paura, viltà, ipocrisia, cinismo, avidità, fanatismo, odio e ideologismo hanno venduto l'anima e se stessi a un nemico interno e a un nemico esterno.
Dunque, seguiamo l'esempio di Gesù: cacciamo i mercanti dal tempio! Questo non è il tempo del compromesso, perché non si mercanteggia sulla vita e sulla libertà. Questo non è il tempo del dialogo, perché non si devono legittimare i predicatori d'odio. Questo non è il tempo della pace, perché dobbiamo prima liberarci dei burattinai del terrore che ci hanno dichiarato guerra. Questo è il tempo della chiarezza, perché o si sta dalla parte della vita e della libertà o si sta dalla parte della morte e della tirannia. Questo è il tempo della fermezza, perché solo difendendo senza se e senza ma la sacralità della vita, tuteleremo la libertà. Questo è il tempo di cacciare i cacciare i mercanti dal tempio, perché se non lo facciamo noi, se non lo facciamo ora, noi soccomberemo e con noi morirà la civiltà umana. Rimbocchiamoci le maniche, diamoci la mano e collaboriamo insieme per salvare l'Italia, l'Occidente e l'Islam.
Magdi Allam

Dall’Egitto all’Europa, contro il buonismo suicida
Se l’Italia ha un’anima, in cui si riassumono i suoi valori, Magdi Allam dichiara di amarla. Anzi: è disposto a rischiare la vita per difenderla. Se l’Italia invece è quella che ha dato spettacolo di sé negli ultimi tempi, tiepida e relativista, più incline a demonizzare l’avversario politico interno che a condannare gli agenti del terrore internazionale e i loro mandanti, allora Allam dice no. Da questa Italia, che con l’ultima legge elettorale si è rassegnata ad avallare decisioni prese altrove, votando a scatola chiusa, lui si dissocia. L’Italia avvelenata dalla cultura del buonismo, del «volemose bene» e disposta a «dialogare» con i violenti, non è la sua. Il Paese dove alcuni, persino all’interno della magistratura, definiscono «resistenza» il terrorismo omicida, provoca la sua indignazione. E l’università dove si dichiara di non conoscere il senso dell’espressione «identità italiana» lo riempie di sconcerto. Con questo suo ultimo libro, Io amo l’Italia.
Ma gli italiani la amano?, Magdi Allam si presenta a quel pubblico che, pur approvando o dissentendo dai suoi scritti, sinora non aveva ancora messo bene a fuoco la sua figura. Racconta la sua infanzia in Egitto, una società dove ha visto incarnarsi la deriva verso l’integralismo islamico nel percorso umano della sua stessa madre, Safeya. Spiega al pubblico occidentale che cosa possa significare per un musulmano come lui l’incontro con la cultura, i valori italiani, e parallelamente la crescita professionale, umana, sentimentale in Italia. Chiarisce una volta per tutte come l’incontro fra le culture possa essere straordinariamente fruttuoso, purché all’insegna dell’apertura e della tolleranza. Ma ecco la delusione: una parte dell’Italia si arrende alla prepotenza dogmatica e violenta, coltiva pregiudizi antioccidentali, mette sullo stesso piano Bush e Bin Laden.
Da questa Italia Magdi Allam prova l’evidente tentazione di dissociarsi. Per poi scegliere tuttavia la strada opposta: sentendosi ancora più legato all’Italia, impegnandosi ancor più a difenderne i valori. Sul piano internazionale, promuovendo una battaglia culturale che ponga al primo posto la vita, il rispetto di quel valore «che è alla base sia del cristianesimo che dell’islam». Su quello interno, lanciando l’idea di un diverso concetto di cittadinanza, che non venga accordato indiscriminatamente, ma sia il risultato di un percorso effettivo, di una conoscenza linguistica e culturale, di un’adesione cosciente e personale.
Dario Fertilio
02 giugno 2006
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MareMagnum | 1 autre critique | Jun 24, 2006 |

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