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Chargement... La letteratura dell'inesperienza : scrivere romanzi al tempo della televisionepar Antonio Scurati
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Google Books — Chargement... GenresClassification décimale de Melvil (CDD)809.304Literature By Topic History, description and criticism of more than two literatures FictionClassification de la Bibliothèque du CongrèsÉvaluationMoyenne: Pas d'évaluation.Est-ce vous ?Devenez un(e) auteur LibraryThing. |
Scurati è del '69, una generazione abbastanza strana: hanno avuto un piede nel vecchio mondo, ora si ritrovano nell'età matura in un mondo completamente diverso. Questo nuovo mondo lo si è definito come mondo digitale.
Scurati avverte questo passaggio epocale, dicendo che ora si è affermata l'età dell'inesperienza. Prima, ogni narrazione prendeva piede da un mondo reale, esistente, percepito, esterno che veniva vissuto dalle vecchie generazioni. La gente, prima, viveva quel mondo e da quello traeva le proprie conoscenze. Invece, nel mondo di oggi, ogni cosa si vive attraverso il filtro del media comunicativo. Si guarda la vita scorrere dallo schermo del proprio pc, insomma.
Questa vita vissuta attraverso i filtri impedisce all'uomo di vivere in un mondo vero e proprio, ma lo inserisce all'interno di un mondo immaginario. Oggi c'è una vasta proliferazione di mondi, potendo accedere a vari immaginari possiamo scegliere in che mondo calarci. Questo provoca nell'uomo contemporaneo un atteggiamento ironico, distaccato dalla vita, poiché ormai si è consapevoli del fatto che esistono più immaginari, tutti con lo stesso valore.
In realtà, da sempre, l'uomo ha interpretato la realtà partendo dal proprio immaginario, basti pensare all'influsso che le religioni hanno avuto sul pensiero umano. Solo che adesso si è mantenuto il simbolico, perdendo il concetto di sacro. La sacralità esiste dove c'è un mondo con la propria scala di valori, se invece esistono più mondi io posso passare da una scala di valori ad un'altra senza limitazioni. Ma così facendo, tutte le scale perdono di senso.
Se il discorso si limitasse a questo, Scurati sarebbe il solito moralista che spinge verso un ritorno al sacro, il dare importanza alle giuste cose. Ma Scurati, fortunatamente, nel finale va oltre e afferma che un modo per andare avanti sta nel ripristinare il senso tragico della vita. Che significa? Che bisogna ripristinare l'idea che la morte sia qualcosa che ci appartiene. Solo così ognuno può prendersi la responsabilità di ciò che fa.
Infatti, se la morte è anche mia, allora io sono in pericolo. Ma se sono in pericolo, significa che devo agire affinché io possa conquistare la sicurezza. Questo chiede Scurati all'uomo del suo tempo: ritornare a prendersi la responsabilità di ciò che si è. Infatti, se non c'è la possibilità di un ritorno a un mondo unico e reale, quanto meno si abbia il buon gusto di 'metterci la faccia' quando si decide di abbracciare un determinato tipo di immaginario. E ciò significa che l'immaginario, anziché subirlo, lo si vive, ripristinando così una certa dimensione esperienziale capace di farci accedere alla conoscenza.